Elon Musk avrebbe cercato di manipolare il mercato dei Bitcoin con i suoi celeberrimi tweet e andrebbe messo sotto indagine dalla SEC. A dirlo è stata Magda Wierzycka, a capo della società sudafricana di asset manager Sygnia. E il CEO di Tesla ha voluto subito sgombrare il campo dalle ombre sulle sue frequenti esternazioni, chiarendo che la società di auto elettriche tornerà ad accettare i Bitcoin come metodo di pagamento nel momento in cui sarà evidente che il “mining” derivi per la maggior parte dall’utilizzo di “energia pulita”.
A febbraio, il magnate aveva comunicato l’acquisto di 1,5 miliardi di dollari di Bitcoin e annunciato che la “criptovaluta” sarebbe stata accettata in pagamento. Tuttavia, a maggio aveva fatto un clamoroso passo indietro quando ha sostenuto che il “mining” non sarebbe sufficientemente “green” per accettare i pagamenti con i Bitcoin. Peraltro, i conti del primo trimestre hanno evidenziato che Tesla abbia venduto il 10% della “criptovaluta” detenuta per 272 milioni, riuscendo a maturare un profitto di 101 milioni.
Questi annunci hanno amplificato sia i rialzi che i crolli delle quotazioni di Bitcoin. Tuttavia, Musk ha sempre negato di avere venduto per sfiducia verso questo asset, chiarendo di averlo fatto per dimostrare che anche vendite cospicue siano compatibili con la tenuta dei prezzi di questo mercato da ormai 6-700 miliardi e che all’apice di aprile aveva superato i 1.100 miliardi. Ma queste spiegazioni non hanno convinto il Bitcoin Mining Council (BMC), un organismo apparentemente messo in piedi dallo stesso Musk nelle scorse settimane, con l’obiettivo di trovare soluzioni quanto più “green” possibili per questo nuovo business. Poiché “estrarre una nuova unità di Bitcoin richiede altissimi consumi di energia, a causa dei numerosi calcoli complicati da compiere al computer, da tempo si ritiene che il business sia nocivo per l’ambiente.
Bitcoin troppo volatile per i pagamenti
La notizia non è ufficiale, ma si è diffusa voce che il BMC abbia allontanato il fondatore e capo di Tesla dal progetto per cercare di mettere al riparo il mercato dei Bitcoin dai tweet di Musk.
La scorsa settimana, El Salvador ha ufficialmente riconosciuto Bitcoin come valuta a corso legale. Si potrà usare per pagare le tasse allo stato, ma anche beni e servizi ai privati. Tuttavia, molto difficilmente la “criptovaluta” potrà affiancare il dollaro come mezzo di pagamento. Il problema è essenzialmente legato alla estrema volatilità dell’asset: nessuno accetterebbe in pagamento una moneta, per quanto obbligato formalmente per legge, che dopo qualche istante potrebbe implodere di prezzo. E nessuno se la sentirebbe di privarsene per comprare prodotti di uso quotidiano, rischiando di perdere l’opportunità di realizzare anche grossi guadagni in poche ore o giorni.
Caratteristica fondamentale di una moneta risiede nel suo essere riserva di valore nel tempo. Ciò implica che il suo valore debba reggere e al contempo rimanere piuttosto stabile. Fintantoché Bitcoin sarà un asset puramente speculativo, nessuno davvero lo vedrà come un mezzo per effettuare o accettare pagamenti. E la volatilità sembra intrinseca nella “criptovaluta”, a causa dell’altissima concentrazione del mercato in pochissime mani: appena il 2% dei conti accesi possiede il 94% dei Bitcoin in circolazione. Poche centinaia di individui hanno in mano il destino dell’asset. Probabile che i crolli siano conseguenza delle loro vendite per monetizzare i guadagni virtuali maturati durante le fasi di boom.