Se all’inizio di quest’anno aveste investito un capitale di 10.000 euro in Bitcoin, oggi vi ritrovereste in portafoglio circa 26.300 euro. La “criptovaluta” più diffusa al mondo ha segnato un rialzo in dollari del 165%. E’ tornato l’ottimismo su questo mercato che vale all’incirca 1.700 miliardi di dollari, di cui oltre la metà è la capitalizzazione dei soli Bitcoin. Tra rendimenti obbligazionari in calo e attesa per il possibile via libera della SEC al primo Etf ad essi dedicati negli Stati Uniti, il mondo delle monete digitali è tornato ad attirare capitali.
E le buone notizie si stanno moltiplicando negli ultimi tempi. Di qualche giorno fa l’annuncio della città di Lugano, in Svizzera, che accetterà il pagamento di imposte e tasse in Bitcoin e Tether da parte di cittadini e imprese. Basterà scannerizzare il codice Qr allo scopo, una pratica ormai diffusa nel paese alpino per il pagamento delle fatture. Si tratta di una scommessa delle autorità locali per attirare investimenti da parte delle aziende attive nel comparto cripto.
A Lugano Bitcoin per pagare le tasse
C’è una dose di rischio insito in questa politica. Se i cittadini e le imprese pagano in Bitcoin e Tether le tasse dovute all’amministrazione locale e questi perdono valore dopo essere stati riscossi, ci sarebbe un calo del gettito fiscale. Viceversa, se dopo la riscossione il loro valore di mercato salisse, il gettito fiscale risulterebbe superiore a quello stimato. E’ evidente che Lugano stia scommettendo su un apprezzamento a lungo termine, il quale si è sempre verificato ad oggi sin dal debutto delle principali “criptovalute”.
La vera domanda è: quanto tempo può attendere un’amministrazione statale prima di riconvertire Bitcoin in moneta fiat? Le esigenze quotidiane nell’erogazione dei servizi limiterebbe tale soluzione a fine speculativa. Altro discorso se l’obiettivo fosse di utilizzare a propria volta le monete digitali per pagare fornitori, dipendenti e creditori.
El Salvador torna in attivo sugli investimenti nella criptovaluta
C’è uno stato, invece, che sin dal settembre del 2021 ha imposto Bitcoin come moneta legale. E’ El Salvador, il cui presidente Nayib Bukele si è dimesso qualche giorno fa soltanto per potersi ricandidare tra pochi mesi per un secondo mandato consecutivo, altrimenti vietato dalla Costituzione. In realtà, non sussiste neppure in questo stato centramericano l’obbligo per il cittadino di accettare la moneta digitale come mezzo di pagamento da parte delle autorità statali. In teoria, l’obbligo sussisterebbe solo tra privati. Nei fatti, non sta avvenendo.
Ad ogni modo, la banca centrale ha acquistato oltre 3 mila Bitcoin dal 2021 per un esborso vicino ai 130 milioni di dollari. Fino a pochi giorni fa, il costo superava il valore di tale portafoglio, dato che El Salvador aveva condotto gli acquisti perlopiù quando le quotazioni erano elevate. Questa settimana, però, la loro risalita ha fatto twittare Bukele circa il ritorno in verde dell’investimento. Il guadagno virtuale è stato stimato in 3,6 milioni, sebbene l’ex presidente abbia confermato l’intenzione di non rivendere. Ai valori di mercato di ieri, il profitto risulterebbe salito fino a 7,5 milioni.