Chissà se i governi di paesi come Germania, Francia e Regno Unito non si stiano mordendo le mani al pensiero di avere perso un’opportunità storica forse irripetibile di indebitarsi a costi infimi e a scadenze lunghissime. Nell’era dei tassi negativi, il mercato fu disposto a cercare rendimenti tra le emissioni ultra-longeve della curva per sfuggire alle perdite. Ne approfittò l’Austria, che nel 2017 emise il suo primo bond a 100 anni. Cedola di appena il 2,10% per la scadenza 20 settembre 2117 (ISIN: AT0000A1XML2).
Capitali a bassissimo costo per Vienna
In totale, i due bond a 100 anni dell’Austria incidevano a fine 2022 per il 3% dell’intero debito pubblico. Titoli che saranno rimborsati tra poco meno di un secolo a tassi a dir poco vantaggiosi per chi li ha emessi. Pensate che oggigiorno già il paese paga rendimenti superiori al 3,50% per i suoi titoli a 3 mesi. E negli anni successivi alle emissioni fu in grado di ottenere grazie alle riaperture capitali ben maggiori all’indebitamento nominale, grazie al boom dei prezzi sul mercato secondario.
Nel dicembre del 2020, il bond a 100 anni con scadenza 2117 arrivò a costare 235. In pratica, per inserirlo in portafoglio per 1.000 euro nominali ne avresti dovuti spendere 2.350 euro. In quel periodo, poi, l’altra scadenza 2120 costò 139. Da allora, i prezzi sono letteralmente precipitati. Il primo titolo vale appena 69 centesimi, il secondo sui 39. In entrambi i casi, un crollo di oltre il 70%. A pagarne lo scotto sono stati gli investitori iniziali. Hanno in portafoglio asset poco redditizi e se volessero liquidarli per acquistarne altri più fruttiferi, accuserebbero perdite enormi.
Bond 100 anni, cedole effettive
Altra cosa sarebbe entrare sul mercato oggi. Ai prezzi attuali, infatti, il rischio di incorrere in perdite appare basso. D’altra parte, fa paura sapere che si tratti di bond a 100 anni, cioè rimborsati nel prossimo secolo. Sappiamo, però, che è sempre possibile rivendere i titoli in anticipo sul mercato, pur esponendosi al rischio della quotazione. Detto ciò, oggi come oggi la scadenza 2117 stacca cedola del 2,10% per una quotazione di 69 centesimi. Ciò significa che la cedola effettiva, cioè rapportata al costo dell’investimento e non al capitale nominale, sale al 3,04%. Niente male in una prospettiva di medio-lungo termine, scontando un’inflazione intorno al target BCE del 2%.
Quanto alla scadenza 2120, offre lo 0,85% per una quotazione appena sopra 39 centesimi. La cedola effettiva sale al 2,17%. Molto più bassa dell’altra, anche se qui possibili margini di guadagno si avrebbero grazie ai movimenti dei prezzi. Con un calo dei rendimenti lungo la curva, infatti, la scadenza 2120 vedrebbe salire la quotazione più velocemente per via della maggiore duration. Data la cedola assai più bassa, il peso del prezzo sul rendimento tende ad essere maggiore.