Una seduta particolarmente negativa quella di ieri per il bond a 100 anni austriaco (ISIN: AT0000A2HLC4). Il titolo ha perso oltre il 3% sul mercato secondario, risentendo del trend negativo dell’intero comparto obbligazionario. I dati macro più positivi delle previsioni negli Stati Uniti e nell’Area Euro hanno rafforzato il timore degli investitori circa un aumento dei tassi d’interesse superiore alle attese e per un periodo prolungato. Nel pomeriggio, la quotazione è arrivata a scendere sotto i 40 centesimi, scivolando ai minimi storici.
Crollo quotazione e boom rendimento
Il rendimento alla scadenza è salito a meno del 2,55%. Va da sé che non è questo il dato a cui guardare. Tra 97 anni e 4 mesi esistono pochissime speranze, per usare un eufemismo, di riscuotere personalmente il titolo. Si tratta di un investimento dall’elevato potenziale speculativo. Tutt’al più di un asset da lasciare in eredità alle future generazioni.
Pensate che, all’attuale quotazione, l’Austria potrebbe riacquistare il bond a 100 anni per poco più di 1,8 miliardi sui 4,6 miliardi emessi, abbattendo il suo debito pubblico di quasi 2,8 miliardi. Per farlo, però, dovrebbe indebitarsi sul mercato a tassi nettamente superiori allo 0,85% annualmente pagato. Ancora un anno fa, la quotazione superava i 70 centesimi. Su base annua, le perdite ammontano al 43%. Per non parlare dei massimi toccati nel dicembre 2020, a meno di sei mesi dall’emissione, quando la quotazione risultò sopra 138. Allora, il rendimento scese intorno allo 0,35%. In questi 26 mesi il saldo segna -71,4%.
Bond a 100 anni, balzo quotazione con calo tassi
I rischi di investire su scadenze ultra-lunghe sono questi.
Certo, difficile che le condizioni monetarie tornino ad essere quelle di anche solo un paio di anni fa. I tassi verosimilmente resteranno più alti dell’era pre-Covid, specie in uno scenario di “reshoring“, ovvero di de-globalizzazione intesa come rimpatrio delle attività di produzione nelle vicinanze dei mercati di sbocco. Una simile prospettiva preluderebbe a un aumento dei costi produttivi e, dunque, in tassi d’inflazione più elevati del decennio passato. Tuttavia, valori così bassi appaiono poco probabili in uno scenario di calo dei tassi. Se solo si riportassero ai livelli di inizio dicembre, prima che attecchissero aspettative più “hawkish” sui tassi BCE, segnerebbero una crescita del 20% sopra 50 centesimi.