Lunedì 31 ottobre è stata la prima seduta sul Mercato obbligazionario Telematico (MoT) di Borsa Italiana per il bond a 60 anni emesso dalla Slovenia un anno e mezzo fa. Scadenza 3 marzo 2081 e cedola 0,6875% (ISIN: SI0002104121), oggi tratta a una quotazione a dir poco infima: 37 centesimi! E sì che guadagna il 4,7%, avendo debuttato sul MoT a 35 centesimi. Un paio di settimane fa, il titolo toccava il minimo storico di 30,50 centesimi. Pensate che solamente in agosto, la quotazione sfiorava la pari, offrendo allora un rendimento lordo annuo in area 0,70%.
Qual è la caratteristica peculiare del bond a 60 anni sloveno? E’ un’emissione ultra-lunga e con bassissima cedola. Questo significa che presenta una “duration” altissima, vale a dire che è molto sensibile alle variazioni dei tassi di mercato. Con il rialzo dei rendimenti in corso da mesi, il prezzo è dovuto crollare per adeguarsi alle mutate condizioni. Esse restano proibitive per un emittente come l’Italia, costretta a indebitarsi al momento al 4,30% per una scadenza di soli 10 anni.
Rating bond a 60 anni elevati
La Slovenia vanta rating alti: AA- per S&P, A per Fitch e A3 per Moody’s. Il paese nato dalla dissoluzione dell’ex Iugoslavia ha un debito pubblico al 75% del PIL, tra i più bassi nell’Eurozona di cui fa parte. E il suo PIL pro-capite si aggira intorno ai 30.000 euro, per cui i suoi 2,1 milioni di abitanti sono grosso modo ricchi quanto noi italiani. Dal 1995, poi, il PIL è triplicato.
Il bond a 60 anni della Slovenia è, dunque, un asset sovrano relativamente sicuro. Ecco il motivo per cui offre poco. E verosimilmente, quando i rendimenti torneranno a scendere, i prezzi riprenderanno a salire velocemente. Ci sono ottime occasioni di guadagno da qui a pochi anni. Nel caso peggiore, vi dovreste accontentare di incassare una cedola effettiva annua lorda sotto il 2%.
Rischio liquidità
C’è un rischio, comunque, che bisogna tenere a mente. Gli scambi relativi al bond a 60 anni sono poco frequenti, tanto che in Germania, dove già era trattato prima del MoT, gli spread arrivano anche a 150 punti base. Significa che le distanze tra chi vende e chi acquista si mostrano elevate, segno che la liquidità sul mercato è bassa. E ciò comporta il rischio di non riuscire prontamente a cedere il titolo nel caso si volesse disinvestire, se non magari a prezzi decisamente inferiori a quelli teorici esitati dal mercato. L’importo massimo in circolazione ammonta, infatti, a 500 milioni di euro.