Nel mese di agosto, Abu Dhabi emise un bond in tre tranche per complessivi 7 miliardi di dollari. Quella più lunga è stata di 50 anni, con scadenza 2 settembre 2070 e cedola 2,7% (ISIN: XS2225210330). Allora, il titolo offrì un premio di 131 punti base rispetto al rendimento del Treasury a 30 anni, la scadenza più longeva emessa dal Tesoro americano. Ieri, la quotazione risultava crollata a poco più di 84 centesimi, segnando un tonfo di quasi il 16% in meno di 7 mesi. Per contro, il rendimento era salito in area 3,40%.
Questo significa che il bond a 50 anni di Abu Dhabi non si è deprezzato per un qualche fattore specifico legato all’emirato, bensì a seguito del trend globale. Ed essendo, peraltro, denominato in dollari USA, ha risentito direttamente del rialzo dei rendimenti americani. In realtà, dalla data di emissione ad oggi, le condizioni macro sembrano essersi evolute molto favorevolmente ad Abu Dhabi. Per prima cosa, il deficit fiscale registrato nel 2020 è stimato minimo, mentre il prezzo del petrolio quest’anno è salito di circa il 35%, balzando fino ai 70 dollari al barile di ieri, dato massimo da quasi due anni.
Abu Dhabi piazza il suo bond a 50 anni al 2,7%, il più longevo di sempre nel Golfo
Bond di alta qualità e con rendimenti da non ignorare
Solo prendendo come riferimento le quotazioni di inizio anno, troviamo che l’emirato incasserebbe a regime qualcosa come circa 18,5 miliardi di dollari in più su base annua, pari al 7,5% del PIL. Tenendo presenti le sole esportazioni del 2019, scenderemmo pur sempre a oltre 15 miliardi di maggiori ricavi, oltre il 6% del PIL. In altre parole, Abu Dhabi si sarebbe messa già alle spalle la crisi provocata dalla pandemia. Da considerare anche che gli Emirati Arabi Uniti stiano procedendo a tappe forzate con la vaccinazioni anti-Covid, avendo già somministrato dosi per oltre i due terzi della popolazione.
Per concludere, quel 3,40% offerto dal bond a 50 anni di Abu Dhabi sembra oro di questi tempi, anche perché l’emirato gode di rating alti: AA per S&P e Fitch, Aa2 per Moody’s. Il suo debito è classificato, quindi, appena due gradini sotto la tripla A, il giudizio massimo assegnato dalle agenzie. Dunque, titoli di alta qualità e con bassissimo rischio di credito. L’unico aspetto che potrebbe impensierirci sarebbe il rischio di cambio. Ma quello spread di circa 170 punti base rispetto al BTp 2067 ci offrirebbe un buon margine per ammortizzare il prevedibile deprezzamento della valuta americana contro l’euro nei prossimi anni.
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