Buenos Aires ancora una volta sull’orlo del default. Se arrivasse, sarebbe il decimo della sua storia di poco superiore ai 200 anni, il quarto dall’inizio del nuovo millennio. L’inflazione è esplosa al 102,5%, mentre le riserve valutarie si assottigliano pericolosamente, pur restando al momento sopra i livelli di guardia. Ma la situazione è così critica, che il governo dell’Argentina ha disposto ieri che tutti gli organismi pubblici in possesso di 11 bond sovrani in dollari dovranno venderne cinque, anche ricorrendo alle aste, mentre per altri sei dovranno effettuare lo swap con un nuovo bond in pesos.
Sul mercato i bond in dollari sono naturalmente scesi fino a perdere oltre il 5,3% in poche ore, come nel caso del Bonar 2041. Male anche il Global 2029 (-5%) e il Bonar 2035 (-3,4%). E questo dopo avere accusato già forti perdite nelle settimane passate. Il bond in pesos di nuova emissione avrà scadenza 2036, per cui presenta una durata iniziale di tredici anni. Esso staccherà una cedola del 3% indicizzata al tasso d’inflazione o, in alternativa, calcolata sul capitale in dollari. Infatti, il titolo avrà denominazione in valuta americana e sarà pagabile in valuta locale.
La decisione dovrebbe accrescere le disponibilità immediate di dollari e ridurre la pressione sul cambio. Il peso ha perso in un anno il 48% sul mercato nero. Preoccupa anche la distanza siderale tra il cosiddetto “dolar blue“, il tasso di cambio informale, e il cambio ufficiale. Il primo scambia a 389 pesos contro un dollaro, il secondo a 216. La siccità che ha colpito le coltivazioni pesa sull’andamento negativo dell’economia argentina, dipendente dalle esportazioni di derrate agricole. Ma è la pessima gestione dell’amministrazione di Alberto Fernandez a provocare i maggiori danni.
Bond Argentina spazzatura, speranze da elezioni
Il governo ha trovato un difficile accordo con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) sui 44 miliardi di dollari di prestiti ricevuti tra il 2018 e il 2019 dalla precedente amministrazione di Mauricio Macri.
Ad ottobre di quest’anno si terranno le elezioni presidenziali e i sondaggi danno il capo dello stato uscente per sconfitto. I peronisti hanno perso la maggioranza al Congresso due anni fa per la prima volta dagli anni Ottanta. Il numero due dell’amministrazione, l’ex presidenta Cristina Fernandez de Kirchner, non si ripresenterà come candidata dopo essere stata condannata per corruzione. Il cambio di governo sarebbe una buona notizia per il mercato obbligazionario, ma i precedenti non lasciano sperare in un cambio di passo rapido. Basti pensare proprio al flop di Macri, che da presidente liberale non fu in grado di riformare il paese e visse nel 2018 una grave crisi finanziaria scatenata dalla sfiducia dei mercati nei suoi confronti.