Le autorità finanziarie di Buenos Aires hanno annunciato nella giornata di ieri l’imposizione di regole più stringenti riguardo al trading dei bond emessi nello stato dell’Argentina. La Commissione per la Sicurezza Nazionale ha dimezzato l’ammontare massimo consentito di negoziazioni da 100.000 a 50.000 a settimana. La misura riguarda sia le obbligazioni emesse sotto la legge locale, sia quelle emesse sotto la legge internazionale.
Al contempo, però, c’è stato un allentamento sui tempi minimi necessari per rivendere un’obbligazione. Il periodo scende da 3 a 2 giorni per il regolamento di pagamenti in valuta estera e relativi a titoli emessi sotto la legislazione straniera.
Bond Argentina, dietro alle misure c’è il crollo del cambio
L’obiettivo delle autorità consiste nel porre un freno alla fuga dei capitali, che da anni sta provocando un collasso incessante del tasso di cambio. Per un dollaro servono ormai più di 96 pesos, stando al regime di cambio ufficiale. Al mercato nero, però, si è arrivato a 177. E gli investitori domestici e stranieri sono soliti usare gli asset finanziari per accedere ai dollari. Da qui, le misure ancora restrittive imposte sulle negoziazioni, che fanno seguito all’introduzione dei controlli sui capitali nel 2018.
A corto di riserve valutarie, l’unico modo per tentare di arrestare la caduta del cambio sui mercati valutari è proprio la stretta sui capitali. Gli esiti ad oggi appaiono insoddisfacenti. L’Argentina ha da poco raggiunto un accordo con i creditori del Club di Parigi per la cancellazione di 2 miliardi di dollari di debiti e il rinvio del pagamento dei rimanenti 400 milioni fino al marzo prossimo. Nel frattempo, tratta (infruttuosamente) con il Fondo Monetario Internazionale sulle condizioni per il rimborso di 44 miliardi di dollari.