Niente accordo tra creditori e la provincia di Buenos Aires, malgrado due rinvii delle scadenze entro cui i primi avrebbero dovuto esitare una risposta sull’offerta di roll-over. Poco più del 50% degli obbligazionisti si è espresso a favore del rinvio del pagamento all’1 maggio prossimo. Il governatore Axel Kicillof ha attaccato “un fondo”, che essendo titolare di un quarto delle obbligazioni per le quali sono scaduti il 26 gennaio scorso gli interessi e parte del capitale, non ha accettato la sua richiesta, pretendendo l’intero pagamento del capitale a rate, giudicato “non possibile”.
Buenos Aires rinvia a oggi l’ultimatum ai creditori, ansia sui mercati
I mercati finanziari guardavano con grande preoccupazione al rischio di flop, temendo che Buenos Aires non pagasse, facendo scattare tecnicamente il default, con ripercussioni gravi anche sul negoziato avviato dal governo centrale con i creditori internazionali su 100 miliardi di dollari di obbligazioni sovrane. E, invece, la provincia ha optato per onorare la scadenza di 277 milioni questo mercoledì, trovando i mezzi dai capitali raccolti sui mercati ed effettuando un’operazione di “swap” da 164 milioni.
Nei dettagli, sono stati scambiati titoli per 126,51 milioni di dollari in scadenza il 13 febbraio con un nuovo bond in pesos da 7,56 miliardi e in scadenza nell’agosto 2021. Altri 23,6 milioni sono stati scambiati con un bond da 1,34 miliardi di pesos, sempre in scadenza nell’agosto 2021. E 12,19 milioni sono stati scambiati con un bond da 8,45 milioni, stavolta sempre in dollari. Infine, 2,06 milioni sono stati scambiati con un bond da 117,96 milioni in pesos.
Ristrutturazione bond Argentina tutt’altro che indolore
Lo swap ha consentito nei fatti a Buenos Aires di abbattere i pagamenti in dollari di questo mese. E ciò ha notevolmente contribuito ad evitare il default. La reazione sui mercati è stata positiva. Il bond gennaio 2022 e cedola 3,875% (ISIN: XS1503160225) ieri guadagnava il 2,36%, salendo a una quotazione di 49.
Ieri, però, buona parte del guadagni risultava sciupata. Sempre mercoledì, al margine di un evento in Vaticano, il ministro delle Finanze, Martin Guzman, incontrava il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva. I due hanno parlato, ha spiegato il primo, su come rendere definitivamente sostenibile il debito sovrano dell’Argentina. Entro il 31 marzo, il governo si attende di trovare un’intesa con i creditori. E con l’FMI sono in corso colloqui per rinegoziare i 44 miliardi di dollari ottenuti in prestito dal 2018 fino allo scorso anno.
Le due trattative sono intrecciate, perché l’FMI non avallerà alcun roll-over delle scadenze, senza prima che gli obbligazionisti subiscano una qualche forma di ristrutturazione, possibilmente non solo in forma di allungamento delle scadenze, almeno non di qualche anno come si è ipotizzato in questi mesi. Gli animi appaiono un po’ più distesi dopo mercoledì, perché almeno il governo avrebbe lanciato un segnale accomodante verso la controparte. Il governatore è esponente dello stesso schieramento peronista del presidente Alberto Fernandez e difficilmente questi non è intervenuto per convincerlo ad evitare il default della provincia amministrata.
La banca centrale argentina farà altri disastri e la sfiducia verso i pesos s’impenna