Seduta negativa per le banche europee dopo il crollo azionario (-49,4%) accusato ieri dall’americana First Republic Bank sulla fuga dei depositi (-102 miliardi di dollari) dei clienti nel primo trimestre. A metà giornata, il titolo Unicredit perde intorno al 2%. Nulla di drammatico, ma i guadagni annuali scendo al 34% contro il 47% di una settimana fa. Proprio Piazza Gae Aulenti è al centro delle attenzioni mediatiche per un paio di notizie che la riguardano. Una ha a che vedere con le manovre sul suo capitale.
Il titolo in questione fu emesso nel maggio del 2017 ed è un perpetuo, cioè non ha alcuna scadenza. Per i primi sei anni, stacca cedola fissa del 6,625% all’anno. A partire dalla data di reset del 3 giugno 2023, ad ogni data di pagamento della cedola, il bond Unicredit può essere richiamato. Ed è proprio quanto intende fare la banca italiana. Un modo per rassicurare il mercato, andato nel panico a marzo dopo che i bond AT1 di Credit Suisse furono azzerati a seguito del salvataggio dello stato elvetico.
Rimborso bond Unicredit conveniente
In realtà, Unicredit trova conveniente procedere al rimborso anticipato del bond da 1,25 miliardi di euro. Infatti, se non lo facesse, la cedola diverrebbe variabile e pari al tasso “mid-swap” a 5 anni più lo spread di 638,7 punti base. A conti fatti, il tasso d’interesse salirebbe intorno al 9,5% annuo, in base alle attuali condizioni di mercato. Ma la banca guidata dal CEO Andrea Orcel è in grado oggigiorno di rifinanziarsi sul mercato a tassi sotto il 5% per scadenze di 5 anni.
Questo è quanto la stessa BCE vorrà capire nel dettaglio prima di un assai probabile via libera atteso a giorni. Quanto alle manovre di Goldman Sachs, con gli acquisti recenti di azioni Unicredit diverrebbe uno dei soci principali. Un interesse che non può sfuggire al mercato, dato che in gioco vi è la governance dell’unica cosiddetta “banca sistemica” italiana, tra le principali al mondo.
Tornando al bond Unicredit, è salito a una quotazione di 99 centesimi, quando all’indomani della crisi bancaria a marzo era crollato a meno di 93 centesimi. C’è stato un ritorno alla fiducia degli obbligazionisti. I prezzi non sono tornati ai livelli pre-crisi, ma semplicemente perché adesso il mercato sconterebbe la certezza del rimborso anticipato alla pari.