Bond BERS a 50 anni in lire italiane: battuta Wall Street, doppiato dall’oro

La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) emise nel 1998 un bond in lire italiane senza cedola e con durata di 50 anni.
2 anni fa
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Obbligazioni Bers in lire turche senza cedola
Obbligazioni Bers in lire turche senza cedola © Licenza Creative Commons

Era il febbraio del 1998, in Italia c’era ancora la lira e l’anno dopo saremmo entrati nell’euro. Il mondo era ancora Occidente-centrico, mentre divampava la cosiddetta “crisi delle tigri asiatiche”. In questo contesto, la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo emise un bond a 50 anni senza cedola e denominato in lire italiane (ISIN: XS0083662923). Si espose per 2.000 miliardi, che corrispondevano a poco più di 1 miliardo di euro. Il prezzo di emissione fu chiaramente molto basso: appena 6,133 centesimi.

Significa che l’ente incassò effettivamente solo 122,66 miliardi di lire, circa 63,35 milioni di euro. Il rendimento lordo all’emissione fu, perciò, del 5,74%.

Ieri, il bond BERS quotava al di sopra dei 29 centesimi per un rendimento alla scadenza del 5,16%. Considerate, però, che tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 aveva raggiunto i 34 centesimi. Il calo è stato dovuto al rialzo globale dei tassi d’interesse. I rendimenti obbligazionari sono lievitati praticamente ovunque. I prezzi sono per contro crollati. Chi in queste ore stesse disinvestendo a distanza di oltre 25 anni dall’acquisto del titolo, riporterebbe un guadagno di quasi il 375%. Cerchiamo di capire quale sarebbe stato il nostro rendimento su base annua, tenuto conto anche di imposte e inflazione.

Come dicevamo, il bond BERS avrebbe reso in tutto quasi il 375%, che su base annua corrisponderebbe al 6,36%. C’è da considerare l’imposta del 12,50% che grava sugli interessi lordi corrisposti dai titoli di stato nazionali, stranieri e sovranazionali. Ed è questo il caso, altrimenti pagheremmo un’aliquota più alta. Dalla seconda metà del 2014, è stata innalzata al 26%. Il rendimento netto annuo scenderebbe, quindi, al 5,56%. E l’inflazione italiana? Secondo l’ISTAT, tra il febbraio del 1998 e il marzo di quest’anno è stata del 62%. Considerato anche l’aumento dei prezzi provvisoriamente stimato per aprile dello 0,5%, arriviamo a quasi il 63%. In termini medi annui, l’1,95%.

Bond BERS meglio di Wall Street, peggio di oro

Ed ecco che troviamo il rendimento netto reale annuo del bond BERS a 50 anni: 3,61%.

Tanto o poco? Beh, facciamo un confronto con il principale mercato azionario mondiale. L’indice S&P 500 avrebbe reso nello stesso periodo più del 300%. Il dollaro nel frattempo avrebbe perso circa il 3% contro l’euro/lira. Considerata anche la maggiore imposizione fiscale, possiamo stimare il rendimento netto medio sopra il 4%. Al netto ancora dell’inflazione, saremmo stati sopra il 2%. Bene, ma meno di quanto avrebbe reso il bond BERS. Certo, non stiamo considerando i dividendi che ci avrebbero staccato le società quotate in cui avremmo investito. Il rendimento complessivo, tuttavia, sarebbe risultato di poco superiore.

Meglio il bond BERS delle azioni a Wall Street, quindi. E l’oro? Le quotazioni sono passate dai 295,20 dollari l’oncia del giorno in cui avvenne l’emissione ai 2.040 dollari raggiunti ieri. In termini annuali medi, un guadagno dell’8%. Pur scontando il lieve deprezzamento del dollaro, saremmo ancora al 7,80%. Dunque, il metallo avrebbe reso più del doppio.

C’è da dire che il bond BERS non si presenta come l’investimento tipico del canale retail. Anzitutto, perché le emissioni sovranazionali finiscono quasi del tutto nei portafogli istituzionali. E secondariamente, chi di voi manterrebbe mai un titolo in tasca per decenni senza incassare un solo euro di cedola? A posteriori possiamo affermare che questa obbligazione ci ha offerto un rendimento netto reale decisamente positivo. Tuttavia, avremmo dovuto attendere oltre un quarto di secolo e ancora ne manca un altro quarto per arrivare alla scadenza.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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