La Repubblica di San Marino effettuerà oggi il rimborso del bond da 340 milioni di euro emesso tre anni fa con cedola del 3,25% (ISIN: XS2239061927). Fu la prima emissione del piccolo stato sul mercato dei capitali internazionale. L’operazione avvenne in un contesto molto complicato per le finanze statali, travolte dalla pandemia. Per quanto oggi la cedola possa sembrarci bassa, pensate che all’epoca un BTp a 3 anni offriva un rendimento intorno al -0,30%. Di fatto, il titolo debuttò con un premio di oltre 350 punti base rispetto alla scadenza omologa dell’Italia.
Spread con BTp sopra 300 punti, ma dimezzato da ottobre
Nel maggio dello scorso anno, San Marino procedette all’emissione di un secondo bond, stavolta della durata di tre anni e otto mesi. Scadenza 19 gennaio 2027, offre cedola del 6,50% (ISIN: XS2619991883). Al momento, questo titolo presenta una durata residua inferiore ai tre anni. Ieri, sul mercato secondario trattava a 100,145, cioè poco sopra la pari. Offriva un rendimento del 6,35%, mentre il BTp di simile durata rendeva poco più del 3,20%.
Lo spread insito in questi dati è di oltre 310 punti base o 3,10%, all’incirca lo stesso dell’emissione. Da notare, però, che nell’ottobre scorso, quando la quotazione era crollata a 90 centesimi e il bond di San Marino era arrivato ad offrire oltre il 10%, lo spread era schizzato a più di 600 punti o 6% con l’Italia. In pochi mesi, dunque, risulta essersi sostanzialmente dimezzato, pur restando altissimo. Cos’è successo in questo periodo? I rendimenti di mercato sono scesi in tutta Europa con l’atteso taglio dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea. E si è allentata la tensione sui paesi fiscalmente meno solidi, tra cui l’Italia e proprio San Marino.
Bond San Marino ad alto rischio di credito
C’è da dire che i bond di San Marino sono “non investment grade”.
Il rimborso del bond di San Marino oggi avverrà proprio grazie ai proventi raccolti con la seconda emissione del maggio scorso per 350 milioni di euro. Da notare come a metà settimana, ancora il titolo sul mercato prezzasse ben sotto la pari, in area 97,70 centesimi, corrispondente a un rendimento annualizzato teoricamente altissimo. Più che il riflesso dei timori degli obbligazionisti, ciò si deve alla scarsa liquidità del titolo, i cui scambi necessariamente risultano scarni e possono portare a una forte volatilità dei prezzi.