L’accordo sulla ristrutturazione del debito sovrano dell’Ecuador sarebbe vicino. Il principale gruppo dei creditori, Ad Hoc Group, di cui fanno parte AllianceBernstein, Ashmore e BlackRock, ha dato il suo assenso alla proposta del governo di Lenin Moreno, che consiste in un “haircut” nominale del 9% dei 17,4 miliardi di dollari di bond oggetto della rinegoziazione. In pratica, 10 obbligazioni in scadenza tra il 2022 e il 2030 verrebbero scambiate (“swap”) con 3 nuove obbligazioni in scadenza nel 2030, 2035 e 2040. Secondo i calcoli, il governo risparmierebbe 10 miliardi di dollari entro i prossimi 4 anni e altri 6 miliardi nel periodo 2025-2030.
Ecuador a un passo dal default, con il Coronavirus rendimenti oltre il 180%
Se approvato, l’accordo consentirebbe al paese di destinare le risorse risparmiate al potenziamento della sanità e al sostegno all’economia, ha comunicato il Ministero delle Finanze. Plauso del Fondo Monetario Internazionale, che vede di buon occhio questa offerta, la quale dovrà essere accettata da tanti creditori quanti risultino in possesso di almeno l’80% del capitale. Discorso a parte per il bond in scadenza nel 2024, che necessita di un’approvazione del 75% del capitale.
Il gruppo di cui sopra detiene circa il 53% del capitale; tanto, ma formalmente insufficiente a raggiungere da solo quella maggioranza qualificata richiesta dalle clausole. Gli obbligazionisti minori hanno comunicato la loro opposizione, sostenendo che l’Ecuador potrebbe offrire di meglio. Tra questi, troviamo Amundi, T.Rowe Price Associates e Contrarian Capital Management, i quali posseggono il 25% di alcune scadenze e il 35% di altre. Da soli, quindi, riuscirebbero a bloccare l’accordo.
Intesa più facile che in Argentina
Per contro, le opposizioni al governo ritengono che i termini dell’accordo offerto siano già abbastanza generosi. Una risposta dovrà essere esitata entro la fine di luglio. Il mercato sembra essere convinto che si arrivi presto a un accordo, se è vero che il bond che scade nel gennaio 2028 e con cedola 7,8750% (ISIN: XS1755429732) si è apprezzato di ben il 230% dai minimi toccati a fine marzo, quando la quotazione era crollata in area 15-16 centesimi.
La velocità con cui il paese starebbe riuscendo a stringere un’intesa con i creditori fa impallidire l’Argentina, che da mesi tratta con gli obbligazionisti esteri alla ricerca di una soluzione ancora in alto mare, malgrado due offerte ufficiali presentate dal governo di Buenos Aires. Qui, a parte che il debito in via di rinegoziazione sia un quarto di quello argentino, gioca a favore dello stato anche l’elevata concentrazione dei bond in poche mani, per cui occorre trovare il consenso tra un numero di creditori più ristretto.
Bond Argentina, nuova offerta del governo e i creditori ammorbidiscono le posizioni
L’ultimo default di Quito risale al 2008, quando il nuovo presidente Rafael Correa ripudiò il debito contratto dai governi precedenti, definendolo “disgustoso”. Ricordiamo che il paese ha adottato il dollaro USA come moneta propria a inizio millennio, per cui risente negativamente della forza della divisa americana, perdendo competitività sui mercati internazionali e finendo per dipendere eccessivamente dalle esportazioni di petrolio, i cui prezzi sono collassati quest’anno per via del crollo della domanda seguito alla pandemia.