La scorsa settimana, JP Morgan ha comunicato che i bond egiziani, così come quelli ucraini, sono sotto esame per essere inclusi nel suo Government Bond Index Emerging Markets (GBI EM). Il peso assegnato ai primi sarebbe dell’1,8%. In particolare, presentano le caratteristiche per farne parte 14 titoli per un controvalore di 24 miliardi di dollari, mentre nel caso di Kiev sarebbe solamente un’emissione da 1,5 miliardi e che avrebbe un peso nell’indice di appena lo 0,12%.
La decisione della banca d’affari arriva a seguito dei notevoli miglioramenti macro avvenuti in entrambi i paesi.
Non è solo questo il motivo per cui i bond egiziani dovrebbero essere tenuti in considerazione. L’Egitto è un’economia che vive di turismo e che nel 2020 ha registrato un calo del suo tasso di crescita proprio per il venir meno di una fonte principale di guadagno. Ma con la ripresa dei flussi internazionali, attesa parzialmente per i prossimi mesi, l’outlook appare già volto al miglioramento. Peraltro, contribuisce a schiarire lo scenario anche il rialzo netto delle quotazioni energetiche. Sappiamo che il paese sia ricco di giacimenti di gas, in particolare.
Bond egiziani favoriti dal miglioramento macro
Quanto ai dati macro, per il prossimo esercizio che inizierà da luglio il governo ha stimato un saldo primario positivo all’1,5% del PIL. Fino a pochi anni fa, era negativo per oltre il 4%. Resta il fatto che il paese paghi circa 8 punti di PIL per i soli interessi sul debito pubblico.
Ad ogni modo, l’inserimento nell’indice GBI EM sosterrebbe ulteriormente la sterlina egiziana, che già dalla fine del 2018 ha guadagnato quasi il 13% contro il dollaro. In più, la banca centrale tiene i tassi d’interesse molto al di sopra dell’inflazione, cioè all’8,25% contro il 4,5%. Un eventualmente allentamento monetario aiuterebbe i bond egiziani senza impattare negativamente sul cambio. Ma ciò sarebbe possibile solo con una ripresa robusta dell’economia globale e, quindi, con il miglioramento della bilancia commerciale e dei pagamenti per Il Cairo.