Se c’è un leader straniero che guarda positivamente alla nuova presidenza di Donald Trump, questi si chiama Abdel Fattah al Sisi. E’ il presidente dell’Egitto dal 2013 e soltanto un anno fa si ritrovava ad un passo dal default. Il sostegno da 8 miliardi di dollari del Fondo Monetario Internazionale e il pagamento di 24 miliardi da parte degli Emirati Arabi Uniti per accaparrarsi i diritti sulla gestione di un’area turistica hanno evitato il crac. E i bond egiziani in valuta estera si sono impennati sul mercato secondario.
Tensioni regionali si allentano
Israele e Hamas hanno raggiunto un accordo per il cessate il fuoco, che sta allentando le tensioni regionali. L’Egitto è stato protagonista primario in questo conflitto, impegnandosi nel suo ruolo di mediatore. La Striscia di Gaza al suo confine rappresenta una minaccia alla sua sicurezza e stabilità. Di concreto c’è anche che la tregua riduce i rischi nel Canale di Suez, da tempo sotto attacco da parte dei ribelli yemeniti houthi. Il transito delle navi merci è una fonte di entrate per Il Cairo.
I bond egiziani si stanno apprezzando ai massimi dal febbraio scorso, quando fu decisa una maxi-svalutazione del cambio di quasi il 40%. E in quelle stesse settimane arrivarono gli aiuti dell’FMI e l’accordo con gli Emirati Arabi Uniti. Il bond in dollari con scadenza 2030 (ISIN: XS1903489463) è salito nell’ultimo anno del 25% a 90 centesimi, offrendo oggi un rendimento in area 10,20%. La scadenza in dollari nel 2040 (ISIN: XS0505478684) ha messo su un rialzo annuale del 28% a 75 centesimi e rende attualmente il 10,40%. Infine, la scadenza del 2049 (ISIN: XS1953057491) si è apprezzata di quasi il 25% nello stesso periodo, salendo sopra 80 centesimi e rendendo circa l’11,30%.
Economia in ripresa
La svalutazione starebbe esitando i primi frutti. Gli analisti notano un aumento delle esportazioni, che a loro volta stanno sostenendo la crescita economica.
Questo non significa che i bond egiziani siano tornati sicuri. Pur promossi di recente dalle agenzie di rating, i loro giudizi restano “non investment grade”: B- per S&P, B per Fitch e Caa1 per Moody’s. Per quanto in calo dai massimi, a dicembre l’inflazione restava alta al 24,1%. Questo costringe la banca centrale a tenere i tassi altrettanto alti al 27,25%. Va detto, però, che il debito estero a breve termine è stato stimato a 26 miliardi di dollari per il giugno scorso, sotto il livello delle riserve valutarie, che a dicembre era di 47,1 miliardi. Ciò implica che in cassa il Paese disponga di sufficiente valuta straniera per fronteggiare i pagamenti dei bond egiziani in dollari e altre divise forti nel breve periodo.
Bond egiziani, occhio all’inflazione
Le riforme economiche saranno determinanti nei prossimi mesi per suggellare la fine della crisi. Il potenziamento del tasso di crescita e la prosecuzione dell’austerità fiscale potranno invertire la tendenza nel rapporto tra debito e Pil. I bond egiziani approfitterebbero anche di un taglio dei tassi, che stimolerebbe l’economia. E ciò sarebbe possibile solo con un calo marcato e stabile dell’inflazione, che a sua volta dipende in larga parte dalla stabilità del cambio dopo il collasso degli anni passati.