Terza svalutazione in Egitto in meno di dieci mesi. Il tasso di cambio ha subito un crollo verticale contro il dollaro questa settimana, passando da quasi 24,80 a 27,25 in un paio di sedute. La Banca Centrale Egiziana ha preso atto della necessità di lasciare fluttuare (più) liberamente la lira per rispondere a una delle principali richieste del Fondo Monetario Internazionale (FMI). A dicembre, l’istituto ha accordato il prolungamento di 46 mesi dei termini per il pagamento dei 3 miliardi di dollari di prestiti erogati negli anni passati.
Quotazioni bond egiziani in crescita prima della svalutazione
C’è da dire che la risalita delle quotazioni è stata globale a inizio anno. I rendimenti sovrani sono scesi in scia all’ipotesi che le banche centrali opteranno nei prossimi mesi per una stretta monetaria meno dura delle attese, grazie alla discesa dell’inflazione. I bond egiziani hanno partecipato al rally, probabilmente favoriti anche dell’accordo con l’FMI, pur già scontato nelle settimane precedenti. Probabile anche che gli stessi egiziani abbiano acquistato titoli per proteggersi dagli effetti della svalutazione. Ad esempio, la scadenza 30 aprile 2040 con cedola 6,875% (ISIN: XS0505478684) denominata in dollari saliva dai 64,41 centesimi di fine 2022 ai 67 centesimi di giovedì. Da 65 a 68,60 centesimi passava un’altra scadenza in dollari del 31 gennaio 2047 con cedola 8,5% (ISIN: XS1558078496). E l’obbligazione in euro 11 aprile 2023 con cedola 6,375% (ISIN: XS1980255936) saliva nel frattempo da 68,70 a 72,10.
I rendimenti spaziano per tutti tra l’11,50% e oltre il 13%. I bond egiziani sconterebbero già un rischio default medio-alto.
Rischio sovrano resta alto
Questi numeri ci dicono che la svalutazione non comporterebbe un rischio immediato per i bond egiziani in valuta, anche perché essa implica il sostegno finanziario dell’FMI. D’altra parte, questo presuppone solitamente il coinvolgimento del settore privato nelle perdite. In altre parole, se le finanze statali del paese finissero sotto stress, prima di sganciare nuovi prestiti l’FMI pretenderebbe la rinegoziazione dei debiti contratti con gli investitori privati. Proseguendo nell’analisi, però, dovremmo tenere in considerazione l’impatto positivo che la svalutazione avrebbe sull’economia nordafricana. Nei primi dieci mesi del 2022, essa ha accusato un deficit commerciale di 28,3 miliardi e le partite correnti nella prima metà dell’anno sono state negative per 8,75 miliardi.
L’economia egiziana risulta non competitiva e un cambio più debole ne sosterrebbe le esportazioni e al contempo attirerebbe capitali dall’estero, migliorando i saldi correnti e le riserve valutarie. E ciò porterebbe a una riduzione del rischio sovrano. Pertanto, alla fine i bond egiziani potrebbero anche giovarsi del collasso della lira. Ma nel breve le incognite si moltiplicano, anche perché con un’inflazione già al 18,7% a novembre, la banca centrale non potrà che continuare ad alzare i tassi d’interesse, portati al 16,25% a dicembre. Una batosta per economia e finanze dello stato. E non è detto che la svalutazione sia conclusa, se è vero che giovedì scorso un dollari al mercato nero scambiava contro 29 lire.