Fu un successo spettacolare il collocamento sindacato del Cane a sei zampe a gennaio, rivolto ai soli investitori individuali. L’importo minimo offerto era di 1 miliardo di euro, raddoppiabile a 2 miliardi in base alla domanda. Gli ordini in una sola settimana ammontarono a 10 miliardi per il bond ENI legato ad obiettivi di sostenibilità ambientale. Allettante la cedola del 4,30% per una scadenza a 5 anni (ISIN: IT0005521171), che salirà nell’ultimo anno al 4,80% nel caso in cui l’emittente non sarà stato in grado di centrare uno dei due obiettivi indicati nel prospetto informativo.
Il bond ENI è negoziabile sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana dal 10 febbraio scorso. Nella giornata di ieri, la quotazione risultava essere di oltre 101,80, ben sopra la pari a cui il titolo fu collocato tra gli investitori, ma sotto i massimi toccati il 20 febbraio scorso di 102,89 a fine seduta. A questi prezzi, il rendimento alla scadenza attualmente si aggira intorno al 3,89%.
Com’è evidente, il rendimento è sceso parecchio rispetto all’iniziale 4,30%, coincidente con la cedola. In fase di collocamento, esso risultò a premio dello 0,20% sul BTp a 5 anni. In realtà, anche allora il dato effettivo si mostrava a sfavore del bond ENI, vista la più alta imposizione fiscale gravante sui redditi di natura finanziaria offerti dalle obbligazioni private. E’ al 26% contro il 12,50% dei titoli di stato.
Bond ENI, scambi alti e contratti unitari bassi
Tuttavia, lo sbilanciamento a favore dei BTp si è fatto più nitido nelle ultime settimane. Il bond del Tesoro a 5 anni offriva ieri circa il 4,05%, che scende in area 3,55% al netto della tassazione. Il bond ENI offre meno del 2,90% netto, cioè quasi due terzi di punto percentuale in meno. Anche nel caso in cui nell’ultimo anno scattasse il pagamento dello 0,50% in più per via del mancato raggiungimento di entrambi gli obiettivi sostenibili, per l’obbligazionista l’investimento sarebbe meno redditizio.
ENI è una società controllata dal Tesoro, pur essendo quotata in borsa. Anche questo aspetto contribuisce a rendere percepito come “sicuro” il bond ENI emesso poche settimane fa. Tra l’altro, questa è stata una fase molto positiva per l’emittente, che si è giovata degli alti prezzi di vendita del greggio sui mercati internazionali. Dunque, mentre per lo stato italiano le alte quotazioni del Brent sono una minaccia per l’impatto che hanno su economia, bilancia commerciale e conti pubblici, il contrario dicasi per la società.
A ieri, risultavano essere stati conclusi sul secondario più di 14.000 contratti relativi al bond ENI per un controvalore di 154 milioni di euro. Dunque, è passato di mano il 7,7% del capitale e il contratto medio è stato di 11.000 euro. Anche quest’ultimo dato rimarca la natura retail dell’obbligazione. Piccoli importi per volumi scambiati relativamente elevati. Il mercato sembra liquido.