Ieri è stata una seduta indicativa per il mercato obbligazionario, non solo asiatico. Il bond del Giappone a 10 anni è arrivato ad offrire un rendimento dello 0,5440%, salvo chiudere le contrattazioni allo 0,504%. A dicembre, la Banca del Giappone aveva raddoppiato il margine di tolleranza attorno allo zero a mezzo punto percentuale. Pertanto, il decennale nipponico può muoversi da settimane teoricamente tra -0,50% e +0,50%. Questa soglia, tuttavia, è risultata infranta nell’ultima seduta della settimana. Un fatto che dovrebbe avere portato l’istituto ad intervenire già venerdì per placare i rendimenti e sostenere i prezzi.
Mercoledì, il dato sull’inflazione in Giappone a dicembre è risultato in crescita al 4% dal 3,8%. Siamo ai massimi da oltre trenta anni, pur a livelli ancora relativamente contenuti. In Europa, si è appena registrata la discesa sotto la doppia cifra e negli Stati Uniti al 6,5%. I bond del Giappone si sono deprezzati sulla previsione di una politica monetaria più restrittiva a Tokyo nei prossimi mesi per battere l’inflazione. Il mercato sta speculando su un rialzo dei tassi d’interesse quando l’attuale governatore Haruhiko Kuroda lascerà l’incarico al successore in aprile.
Questa prospettiva ha messo le ali allo yen, che dai minimi di ottobre ha recuperato il 17% contro il dollaro. Il tasso di cambio si è rafforzato ai massimi dal maggio scorso. Evidentemente, il mercato scommette anche sull’ulteriore innalzamento della soglia massima tollerata per il rendimento decennale. Addirittura, non è escluso che stia profetizzando una rimozione tout court di tale soglia, pur sotto l’osservanza della banca centrale per impedire che i costi di emissione del debito esplodano.
Bond Giappone, OK solo con yen su
I bond del Giappone tutto appaiono, fuorché remunerativi nel confronto con il resto del mondo. Il decennale americano, ad esempio, continua ad offrire circa il 3,50%, vale a dire il 3% all’anno in più o il 30% in più alla scadenza.
In sostanza, i bond del Giappone potrebbero rivelarsi un investimento positivo se l’effetto cambio giocasse a nostro favore. Affinché ciò fosse possibile, la Banca del Giappone dovrebbe rompere ogni indugio nell’abbandonare la politica dei tassi negativi e nell’abbracciare una qualche stretta monetaria. Difficile che avvenga nelle modalità conosciute in Occidente. Con un debito pubblico sopra il 260% del PIL, Tokyo ha bisogno che i rendimenti dei suoi titoli di stato restino bassi per potersi rifinanziare sui mercati a costi contenuti. E a meno che l’inflazione non tiri qualche tiro mancino, non vedremo grosse novità di politica monetaria nel prossimo futuro.