Era il marzo scorso, quando la Grecia emetteva bond a 30 anni per 2,5 miliardi, a fronte di ordini per oltre 10 volte più alti. Scadenza 24 gennaio 2052 e cedola 1,875% (ISIN: GR0138017836), il titolo offriva al suo debutto un rendimento dell’1,91%, cioè a premio di 165 punti base sul Bund di pari durata.
Un grosso successo, che si è andato rafforzando nei mesi. I bond della Grecia stanno beneficiando di una serie di condizioni che depongono a favore del debito sovrano di Atene. Tra queste, la detenzione di oltre 30 miliardi di euro di liquidità, qualcosa come quasi 20 punti di PIL.
Bond Grecia a 30 anni contro BTp
Quando il bond a 30 anni fu emesso a marzo, il corrispondente BTp 2051 offriva un rendimento lordo dell’1,69%, cioè di 23 punti base più basso. A distanza di 4 mesi, il nostro trentennale continua a rendere tanto quanto (1,70%, in queste ore), mentre il bond della Grecia è crollato a un rendimento dell’1,44%. Infatti, in questo periodo la sua quotazione ha guadagnato oltre il 9% sul mercato secondario contro una performance leggermente negativa (-0,5%) per il BTp.
E così, lo spread è oggi sfavorevole all’Italia, dato che il nostro trentennale offre un rendimento di 26 punti base più alto. Un ribaltamento delle posizioni, che fa ancora più impressione se si considera che a Palazzo Chigi vi sia Mario Draghi, ex governatore BCE e stimatissimo dai mercati finanziari. Con un qualsiasi altro premier al suo posto, probabile che lo spread BTp-“sirtaki” bond sarebbe ancora più alto.
Com’è possibile? Pur essendo uno stato fallito e salvato grazie a tre interventi internazionali tra il 2010 e il 2015, la Grecia oggi risulta poco esposta verso i creditori privati. Questi detengono titoli di stato per un quinto del debito totale e per poco più del 40% del PIL.