Ci sono buone notizie per il mercato dei bond in dollari della Turchia. Le quotazioni proseguono il rialzo iniziato due mesi fa sulla notizia dell’accordo siglato con gli Emirati Arabi Uniti. I due paesi hanno convenuto sul potenziamento delle relazioni commerciali di 40 miliardi di dollari entro cinque anni. L’anno scorso, l’import-export tra i due è stato di 103 miliardi. Ma l’aspetto più interessante per l’obbligazionario è un altro: gli Emirati Arabi si sono impegnati ad acquistare “sukuk” per un controvalore massimo di 8,5 miliardi di dollari.
I bond in dollari della Turchia a 5 anni, scadenza 15 gennaio 2028 e cedola 9,875% (ISIN: US900123DF45), esibiva una quotazione di 95,54 centesimi il 22 maggio scorso. Ieri, era salita a 105. E il rendimento è sceso nel frattempo sotto la doppia cifra, attestandosi appena sotto l’8,70%. La scadenza a 10 anni del 19 gennaio 2033 e cedola 9,375% (ISIN: US900123DG28) è passata da 90,35 a 103,55 nello stesso bimestre. Il rendimento è sceso al 9% tondo.
Bond in dollari Turchia su, CDS giù
Ieri, la Banca Centrale Turca ha alzato i tassi di interesse per la seconda volta consecutiva e di 250 punti base o 2,50% al 17,50%. Le attese erano per un aumento al 20%. Il governatore Hafize Gaye Erkan sembra avere mutato impostazione di politica monetaria, ma procedendo nella stretta più lentamente delle previsioni. Il cambio ne sta risentendo. Ormai un dollaro compra 27 lire contro 22 di un mese e mezzo fa, all’atto della nomina proprio di Erkan. La svalutazione guidata del cambio sta avendo, tuttavia, effetti molto positivi sulle riserve valutarie. In appena un mese, sono salite da meno di 58 a quasi 70 miliardi di dollari al 7 luglio scorso.
E questo è uno dei principali motivi per cui i bond in dollari della Turchia stanno salendo in queste settimane. Il rischio di credito tende ad attenuarsi con il ritorno ad una politica monetaria più ortodossa. Lo segnalano i CDS a 5 anni, titoli che assicurano contro un eventuale default e che ora costano ai livelli minimi da fine 2021. Il mercato sconta le minori tensioni con il ri-afflusso dei capitali stranieri, agevolato dall’indebolimento del cambio. Ma ad Ankara non dire gatto se non ce l’hai nel sacco. Più e più volte il presidente Recep Tayyip Erdogan ha cambiato idea ed è tornato sui suoi passi non appena le condizioni macro sono migliorate. Forse non sarà così anche stavolta dopo la batosta della super inflazione di questi mesi, ma la prudenza non è mai troppa.