Il 2022 è stato un brusco risveglio per i mercati finanziari, abituati sin dal 2008 a prendere denaro in prestito sottocosto e ad investirlo in asset azionari e obbligazionari dai prezzi sempre in crescita. Il ritorno dell’inflazione ha scompaginato i piani di “normalizzazione” dopo la pandemia. Per il mercato dei bond si è trattato del periodo peggiore di sempre e persino i bond indicizzati all’inflazione non hanno beneficiato di alcun trend favorevole. Prendiamo come esempio il BTp Italia 2027, un titolo di stato con cedola e capitale legati all’andamento dell’indice FOI dell’ISTAT.
Cos’è cambiato con la discesa in campo di Londra
Ciò è accaduto per il fatto che i bond indicizzati all’inflazione siano dipendenti dalle aspettative future. Ad oggi, queste appaiono ancorate al target BCE del 2% per il medio-lungo periodo. In altre parole, il mercato non sconta una reflazione elevata e duratura. Si aspetta che la BCE alzi i tassi d’interesse al punto da riuscire a riportare la stabilità dei prezzi nell’Eurozona.
Tuttavia, i bond indicizzati potrebbero avere chance di successo dopo quanto accaduto a Londra la settimana scorsa. La Banca d’Inghilterra è scesa in campo in difesa dei Gilt, travolti dalle vendite sui timori per l’eccessiva crescita del debito pubblico britannico. Può sembrare un caso isolato, ma non è così. Anche l’Eurozona si trova stretta tra la necessità di combattere l’inflazione alzando i tassi e quella di consentire ai governi di aiutare famiglie e imprese contro il caro bollette. Non è possibile per la politica monetaria centrare entrambi gli obiettivi. O i tassi BCE salgono per fermare l’inflazione o restano invariati/scendono per aiutare l’economia.
Bond indicizzati appetibili con scenario avverso
E’ possibile che, dopo un qualche altro rialzo a ottobre e magari a dicembre, ad un certo punto la BCE debba alzare bandiera bianca sull’esempio della Banca d’Inghilterra. Ed ecco che le aspettative d’inflazione inizierebbero a “surriscaldarsi” per il semplice motivo che la politica monetaria seguita risulterebbe inadeguata a fermare la corsa dei prezzi. Ciò spingerebbe i prezzi dei bond indicizzati, mentre deprimerebbe quelli dei bond con cedola fissa. I rendimenti dei primi scenderebbero, quelli dei secondi aumenterebbero. Lo spread tra i due fornirebbe proprio il tasso d’inflazione attesa su ciascun orizzonte temporale. In conclusione, il mercato ha scontato fino ad oggi una BCE moderatamente in versione “falco” e potrebbe ritrovarsene una più “colomba” del previsto.