Avete mai avuto per le mani un’obbligazione con tasso di interesse del 50%? Se no, è perché non è affatto comune. Eppure ne esistono nel mondo. Lo scorso anno, Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib) emise un bond in lire turche con cedola al 50% (ISIN: XS2520350526) e della durata di appena 15 mesi. Un’opportunità ghiottissima per gli investitori internazionali a caccia di rendimento, ma disposti ad accollarsi un rischio di cambio altissimo. In effetti, la lira turca è una valuta emergente nell’occhio del ciclone da anni.
Ecco perché il bond in lire turche di Aiib rappresenta sia un’opportunità che un grosso rischio. Cerchiamo di capire se l’altissima cedola sia stata in grado di proteggere il capitale e di generare un rendimento effettivo positivo per un ipotetico investitore dell’Eurozona. L’emissione del 15 agosto 2022 avvenne ad un prezzo di 91,9 centesimi. Un lotto minimo di 20.000 lire si acquistò, quindi, per 18.380 lire. Al cambio di allora di circa 18,40 contro l’euro, il costo effettivo fu di 999 euro.
Bond lire turche, rendimento effettivo positivo
Se oggi rivendessimo lo stesso bond in lire turche, la quotazione sarebbe di 99,595 centesimi. Ci stiamo avvicinando, infatti, alla scadenza del 15 novembre. Il valore del capitale sarebbe salito a 19.919 lire, ma nel frattempo il cambio è precipitato. Adesso, per un euro servono 29,34 lire. Dunque, per le mani avremmo soltanto 678,90 euro, molto meno di quando abbiamo investito. Ma ci corre in aiuto la cedola. Dall’emissione ad oggi, abbiamo accumulato un tasso superiore al 58% sul valore nominale del capitale, cioè di 11.644 lire. Al cambio odierno, farebbero altri circa 397 euro.
Sommando la cedola al capitale, oggi avremmo in tasca qualcosa come più di 1.075 euro contro i circa 1.000 euro investiti. Il nostro rendimento lordo sarebbe superiore al 7,5% per circa quattordici mesi. Su base annua, parliamo di un rendimento di quasi il 6,5%. Considerate anche che tra l’agosto dello scorso anno e la fine del settembre scorso, l’inflazione italiana cumulata è stata di quasi il 5,5%. Grosso modo, dunque, avremmo conservato il nostro potere di acquisto.