Ad inizio settimana c’è stata l’emissione di nuovi bond messicani in euro per il controvalore nominale di 2,4 miliardi. Il Paese emergente ha collocato sul mercato due tranche, una a otto anni per 1,4 miliardi e l’altra a dodici anni per 1 miliardo. Gli ordini complessivi sono stati di 3,3 volte superiori e pari a 8 miliardi. Nel dettaglio, la scadenza del 2033 con cedola 4,625% è stata aggiudicata a 99,057 centesimi e ha esitato un rendimento lordo del 4,769%. Esso è risultato a premio di 230 punti base sul “mid-swap” dai +255 inizialmente ipotizzati. La scadenza del 2037 ha fissato cedola del 5,125% ed è stata aggiudicata a 99,525 centesimi per un rendimento del 5,181%. In questo caso, il premio di 265 punti è stato anch’esso inferiore ai +290 ipotizzati in fase di guidance.
Rendimenti più alti dei BTp con rating simili
Ad essersi occupate dell’emissione dei bond messicani in euro sono state BNP Paribas, Credit Agricole, Deutsche Bank, HSBC e Société Générale. L’operazione segue quella di pochi giorni prima da 8,6 miliardi di euro, la più grande di sempre nella storia del Messico. Nella divisa europea l’emissione precedente era avvenuta nel gennaio 2024, esattamente un anno fa.
I bond messicani in euro hanno rating medio-alti: BBB per S&P, BBB- per Fitch e Baa2 per Moody’s. Questo li rende appetibili, se considerate che il rischio di credito sarebbe teoricamente in linea con quello dell’Italia, a fronte di rendimenti ben superiori. Il BTp 2033 offre al momento circa il 3,40% e il BTp 2037 meno del 3,70%. Ciò non toglie che la valutazione debba cogliere diversi aspetti, uno dei quali riguarda il livello delle riserve valutarie con cui il Messico potrà ripagare il suo debito estero. Quest’ultimo ammontava a ben 600 miliardi di dollari al terzo trimestre dello scorso anno, di cui 56,3 miliardi con scadenze entro l’anno. Le prime ammontavano nel novembre scorso a 232 miliardi.
Dazi di Trump minaccia per economia messicana
In teoria, quindi, ci sarebbe valuta estera a sufficienza per fronteggiare le scadenze a breve e medio termine denominate in valute estere. Ma attenzione alla bilancia commerciale, il cui saldo è negativo. Lo stesso dicasi per il saldo delle partite correnti. Questa situazione rimarca il deflusso di valuta dal Paese latinoamericano e minaccia proprio le riserve. E questo ancora prima che l’amministrazione Trump possa a sua volta mettere a repentaglio le esportazioni messicane, che per l’80% si hanno verso gli Stati Uniti e con cui il surplus commerciale equivaleva nel 2023 all’8,5% del Pil.
I bond messicani in euro risentiranno profondamente delle trattative tra Washington e Città del Messico sui dazi. A rischio vi è l’intera economia domestica, che già cresce poco. Tra l’altro, lo scorso anno è stata eletta la prima presidente donna e dello stesso partito di sinistra del predecessore Andres Manuel Lopez Obrador. Si chiama Claudia Sheinbaum ed eredita una situazione dei conti pubblici non brillante. Il debito è salito sopra il 50% del Pil, mentre il deficit nel 2024 è stato del 5%, sebbene dovrebbe scendere a poco più del 3% quest’anno.
Tra i principali rischi per il bilancio statale c’è l’immenso debito di circa 100 miliardi di dollari della compagnia petrolifera pubblica Pemex.
Bond messicani in euro esposti a tensioni geopolitiche
Vi sarebbero margini per migliorare la situazione sia economica che fiscale, essendo ancora i tassi di interesse al 10% con un’inflazione a dicembre del 4,21%. Un taglio dei primi sarà possibile, però, solo se il governo e l’amministrazione Trump troveranno il modo per evitare l’imposizione di alti dazi sulle merci messicane. Altrimenti, la crisi del cambio provocherebbe una nuova ondata inflazionistica e richiederebbe come risposta una politica monetaria restrittiva. In definitiva, i bond messicani in euro sono una buona occasione per diversificare il portafoglio e ottenere rendimenti medio-alti, ma saranno soggetti nei prossimi anni a tensioni geopolitiche anche significative.