Nel mese di giugno, Poste Italiane raccolse 800 milioni di euro con l’emissione di un bond perpetuo (ISIN: XS2353073161). Esso non ha chiaramente alcuna scadenza, per cui teoricamente potrebbe non essere rimborsato mai. Tuttavia, presenta diverse date di reset. In effetti, esso è “non callable” per i primi 8 anni, durante i quali offrirà una cedola fissa del 2,625%. Al 24 giugno 2029, l’istituto può decidere o di rimborsare il capitale o di continuare a pagare le cedole. Queste passeranno da fisse a variabili, pari al tasso Midswap” a 5 anni + 267,7 punti base.
Il bond perpetuo di Poste Italiane è negoziato alla Borsa di Lussemburgo. Ieri, quotava a 97,88 centesimi, cioè sotto la pari. A questi prezzi, se nel giugno 2029 avvenisse il rimborso, il rendimento lordo risulterebbe essere stato del 2,96%. Se pensiamo che il BTp di pari durata non arriva ad offrire lo 0,60%, scopriamo che siamo di fronte a una redditività più che quintupla di quella esitata dal titolo di stato.
Bond perpetuo, l’incertezza del rimborso
Non sappiamo se e in quale data Poste Italiane eserciterà la facoltà di rimborso del bond perpetuo. Ad esempio, se non lo facesse, oggi come oggi la cedola variabile sarebbe del 2,62% tra il 2029 e il 2034, dato che il tasso “midswap” a 5 anni si attesta al -0,06%. Ma chiaramente stiamo parlando del dato attuale, mentre risulta impossibile anche solo ipotizzare quello che vigerà tra alcuni anni. Chiaramente, all’obbligazionista converrà che i tassi di mercato nell’Eurozona salgano più in alto possibile, perché così strapperà all’emittente cedole elevate. Tuttavia, questo discorso vale fino a un certo punto. Se i costi salissero drasticamente, Poste Italiane troverebbe conveniente provvedere al rimborso con i capitali raccolti sul mercato a tassi d’interesse inferiori.
Il motivo per cui la cedola del bond perpetuo si mostra generosa di questi tempi risiede proprio in questa incertezza sui tempi. L’obbligazionista non sa per quanti anni potrà detenere il titolo in portafoglio, se per 8, 13, 28 o per sempre. Il rimborso lo priverebbe delle cedole future, ma il mancato rimborso non gli consentirebbe di recuperare mai il capitale, se non rivendendo il titolo sul mercato secondario, esponendosi alla volatilità dei prezzi. Ai prezzi e tassi attuali, il capitale ci verrebbe ripagato (al lordo delle imposte) in circa 33 anni. Più alti i tassi, minore il tempo necessario per recuperare il capitale. Viceversa, nel caso contrario.