Inserire in portafoglio bond con rendimenti negativi non è qualcosa che ci siamo mai sentiti di suggerire su Investire Oggi, dato che per definizione si tratta di obbligazioni in perdita alla scadenza. Vediamo in questo articolo quando, tuttavia, l’investimento può risultare conveniente.
Cosa sono le obbligazioni con rendimenti sottozero
I bond sono titoli del debito emessi da società private, banche o entità pubbliche (stati, enti locali, enti sovranazionali, etc.). Essi assegnano all’acquirente un flusso di reddito periodico fino alla scadenza (cedola), data in cui il capitale sarà rimborsato.
Dunque, un bond con rendimenti negativi è un’obbligazione, il cui flusso di reddito erogatoci durante il periodo di investimento sarà inferiore al costo dell’investimento stesso. In sostanza, siamo in presenza di una perdita certa. Ma allora, vi starete chiedendo, perché sul mercato globale esistano trilioni di euro di obbligazioni con rendimenti negativi?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo aggiungere una complicazione al ragionamento di cui sopra. Alcuni investitori istituzionali si trovano “obbligati” a comprare titoli di questo genere, in quanto per statuto e/o norme regolamentari hanno la necessità di detenere in portafoglio assets di alta qualità. Ad esempio, le banche commerciali devono farlo per poter accedere a condizioni agevoli alla liquidità a basso costo degli istituti centrali. Ma se sei un investitore individuale, è evidente che questo non sia il tuo caso.
Bond con rendimenti negativi, quando convengono
In effetti, esistono alcune situazioni specifiche per le quali i bond con rendimenti negativi possono ancora esitare soluzioni positive per l’obbligazionista.
E poiché i prezzi si muovono in direzione opposta ai rendimenti, può accadere che un bond con rendimenti negativi si mostri appetibile per il semplice fatto che il mercato creda che continuerà ad apprezzarsi. Qui, l’intento non è chiaramente di tenere il titolo fino alla scadenza, bensì di rivenderlo alla prima occasione utile per maturare una plusvalenza. Questo discorso si applica particolarmente ai cosiddetti “safe assets”, quei “porti sicuri” presso i quali ci si rifugia nelle fasi di tensione finanziaria.