Si chiude oggi il terzo collocamento del BTp Futura e una cosa senz’altro possiamo dircela: i bond retail in Italia non decollano. Era la primavera del 2012, quando l’allora governo Monti dava attuazione a un piano studiato e voluto dall’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, emettendo il primo BTp Italia. Si trattava di titoli di stato riservati agli investitori individuali (famiglie) e con un premio alla scadenza per gli obbligazionisti cassettisti.
Nelle intenzioni del suo fautore, avrebbe dovuto rappresentare una cesura sul mercato del debito sovrano italiano.
Lo scorso anno, arrivò i BTp Futura. Venne spacciato per il primo bond retail sovrano, tacendosi del BTp Italia. Gli esordi a luglio furono tutt’altro che entusiasmanti e così anche per la seconda emissione di novembre. E questa terza è stata persino più deludente. Malgrado le rassicurazioni politiche dell’avere un Mario Draghi come premier, le prenotazioni sono state sottotono.
Bond retail una non soluzione costosa
Insomma, se l’obiettivo del Tesoro è stato in tutti questi anni di puntare sui bond retail per offrire al mercato un nuovo prodotto con cui consolidare il debito pubblico, la missione è andata fallita. Anche perché c’è un filo rosso che unisce tutte queste emissioni: il rendimento iniziale a premio. Nel tentativo di allettare le famiglie, lo stato ha offerto sempre cedole più generose dei rendimenti vigenti sul mercato per i titoli di pari durata residua.
Non può essere questa la soluzione per rendere il debito pubblico italiano più sostenibile. Le emissioni ci costano di più e lo stato deve limitarne la longevità. Non si può permettere di vendere alle famiglie bond retail a 20, 30 o 50 anni. Non li comprerebbe nessuno, come dimostra la scarsa accoglienza già del BTp Futura 2037, la cui durata è di “soli” 16 anni. Del resto, gli obbligazionisti individuali hanno esigenze e modi di ragionare diversi da quelli degli istituzionali.
Non ha molto senso spendere di più per riempire i portafogli delle famiglie italiane di BTp, quando le alternative si mostrano preferibili sul piano dei costi e del consolidamento del debito. I bond retail non vanno certo soppressi, semplicemente li si deve guardare per ciò che sono: uno strumento complementare alle emissioni ordinarie, sul quale fare poco affidamento per centrare obiettivi di macro-politica fiscale.