Nelle ultime sedute, i rendimenti dei bond sovrani in Russia sono in deciso calo. Rispetto al giorno precedente alle elezioni presidenziali americani, il titolo a 10 anni scende dal 6,28% al 5,83%, mentre la scadenza a 2 anni è passata dal 4,70% al 4,50%. In entrambi i casi, siamo ai minimi da questa estate. Nel frattempo, il rublo ha messo a segno un rafforzamento di oltre il 5% contro il dollaro, scendendo oggi a un tasso di cambio di circa 76,30.
Tassi ai minimi dall’Urss e petrolio sopra 40 dollari: i bond della Russia sorridono
Cosa sta incidendo sul trend? Anzitutto, il petrolio.
La Russia è il secondo produttore di petrolio nel mondo dopo gli USA e davanti all’Arabia Saudita. Gran parte delle sue esportazioni sono di prodotti petroliferi, per cui l’andamento del Brent ha ripercussioni dirette e forti sul cambio. E a sua volta, il cambio incide sui tassi d’inflazione. Questa è salita al 4% in ottobre, a fronte di tassi d’interesse fissati dalla Banca di Russia al 4,25%. In teoria, il governatore Elvira Nabiullina non disporrebbe più di margini per tagliare i tassi senza impattare negativamente sul rublo. E questo rappresenta un limite per l’apprezzamento ulteriore del mercato obbligazionario sovrano.
Ma se il Brent continuasse a rafforzarsi o almeno reggesse ai livelli attuali, probabile che il cambio si apprezzi ulteriormente e aiuti a disinflazionare un po’ l’economia russa, ricreando qualche spazio di manovra per l’istituto.
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Il petrolio non è l’unico fattore, però, che impatterà a breve sul mercato.
Oggi come oggi esisterebbero ragioni per credere che il rally dei bond in Russia possa essere già concluso e altrettante per prevederne la prosecuzione. In fondo, lo stesso boom del petrolio s’intreccia con la buona notizia del vaccino da un lato e la cattiva (per Mosca) dall’altro della vittoria di Biden. Il contesto è complesso, ma l’evoluzione appare positiva, perché il peggio per il Brent sarebbe alle spalle e questo non può che fare bene al suo produttore.
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