Vanno giù i bond sovrani del Senegal denominati in dollari. Il presidente Bassirou Diomaye Faye aveva annunciato nelle settimane scorse un audit sui conti pubblici del 2023. La scorsa settimana ha annunciato i risultati: deficit e debito pubblico nettamente superiori ai dati ufficiali. In particolare, è emerso che il disavanzo fiscale l’anno scorso è stato sopra il 10% contro circa il 5% dichiarato dall’amministrazione precedente. Per effetto di tale discrepanza, il rapporto tra debito e Pil risulta salito al 76,3% dal 65,9%.
Bond Senegal giù, ma poco
Per tutta risposta i bond del Senegal con scadenza 23 maggio 2033 e cedola 6,25% (ISIN: XS1619155564) sono scesi a 85,24 centesimi dagli 86,12 di giovedì scorso.
Similitudini con Grecia nel 2010
E’ chiaro che un maggiore deficit rispetto alle dichiarazioni ufficiali sia un fatto negativo dal punto di vista dell’affidabilità creditizia. Accadde qualcosa di simile nel 2010 in Grecia. Il nuovo governo socialista scoprì che il precedente avesse sottostimato il disavanzo di quasi una decina di punti di Pil. Esplose una gravissima crisi del debito sovrano, che provocò il collasso dell’economia ellenica e necessitò di tre salvataggi internazionali per evitare il crac ufficiale.
D’altra parte, il presidente Faye ha evidenziato che il maggiore deficit del 2023 per 605 miliardi di franchi CFA (1 miliardo di dollari) riduce di altrettanto i margini fiscali per il 2024. Dunque, minore sostegno alla crescita economica, già rivista al ribasso dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) dal 7,1% al 6%. C’è, però, da dire che i bond del Senegal non hanno accusato alcun collasso, bensì un semplice ripiegamento di scarsa entità. In parte, perché Dakar resta impegnata a riscuotere gli 1,9 miliardi di dollari di prestito stanziato dall’FMI. La prima rata di giugno non è stata richiesta dal nuovo governo, in considerazione proprio dei presunti brogli nella contabilità pubblica.
Fattori di ottimismo
Ci sono altri fattori che concorrono a comporre un quadro favorevole per i bond del Senegal. In primis, la recente scoperta di risorse petrolifere nelle acque al largo del paese fa prevedere un’accelerazione della crescita dai prossimi anni con il loro sfruttamento. Faye ha sciolto il Parlamento e convocato elezioni anticipate per il 17 novembre. Il suo obiettivo consiste nel garantirsi l’approvazione di riforme pro-crescita, tra cui di lotta alla corruzione, la rinegoziazione degli accordi petroliferi con le compagnie straniere e il taglio della spesa legata all’apparato burocratico.
Se da un lato i risultati dell’audit hanno scosso i mercati, dall’altro hanno rivelato l’intenzione del nuovo presidente di perseguire la trasparenza nel rapporto con i creditori internazionali. La vittoria di Faye agli inizi di quest’anno fu accolta da un clima di giubilo in patria dopo anni di tensioni politiche e di preoccupazione all’estero. Il nuovo presidente è un sostenitore dell’indipendenza monetaria del paese con l’uscita dall’area del franco CFA, volendo recidere le relazioni ancora d’impronta coloniale con la Francia. In molti osservatori hanno temuto e continuano a temere che egli favorisca la penetrazione della Russia nell’Africa sub-sahariana.
Bond Senegal ad alto rischio di credito
L’emissione del primo bond del Senegal in dollari sotto Faye è andata bene subito dopo qualche mese, a conferma dell’apertura di credito del mercato. Parliamo di titoli con rating “non investment grade”: B+ per S&P, B per Fitch e Ba3 per Moody’s. Nel migliore dei casi, dunque, serviranno upgrade per non meno di quattro gradini per portare il debito sovrano in area “investment grade”. Un obiettivo al momento non alla portata.