Ieri, Monte Paschi di Siena (MPS) è tornata a rifinanziarsi sui mercati con l’emissione di un nuovo bond di tipo Senior Preferred (ISIN: XS2593107258). Scadenza 2 marzo 2026, la cedola è stata fissata al 6,75% lordo annuale, in calo dal 7-7,125% ipotizzato dalla guidance. L’obbligazione assegna alla banca senese la facoltà di esercitare la call alla pari dopo due anni, cioè in data 2 marzo 2025. Il taglio minimo è stato fissato a 100.000 euro, per cui il titolo non è alla portata di tutte le tasche. Ad essersi occupate dell’operazione sono state Barclays, Mediobanca, MPS, NatWest Markets, Santander e Société Génerale.
Il bond MPS segna un nuovo punto a favore dell’istituto, reduce dall’aumento di capitale da 2,5 miliardi e dall’attuazione del piano di esuberi per 4.125 dipendenti. Se non fosse stato per i costi relativi a questo esodo incentivato, la banca avrebbe chiuso il bilancio 2022 in attivo di 720 milioni. A Piazza Affari ieri le azioni MPS si sono mosse attorno alla parità. Segnano una crescita del 28,50% quest’anno e portano la capitalizzazione a 3,32 miliardi, ben sopra il valore della ricapitalizzazione.
Anche i bond subordinati sono risaliti drasticamente negli ultimi mesi. L’obbligazione con scadenza 23 luglio 2029 e cedola 10,50% (ISIN: XS2031926731) si acquistava per appena 50 centesimi agli inizi di settembre, mentre gli ultimi scambi relativi a un paio di settimane fa sono avvenuti a circa 105,80. In pratica, il rialzo è stato del 112% in cinque mesi. A trainare il boom è la prevista privatizzazione, che si tradurrà con l’uscita dello stato dal capitale entro probabilmente la fine di quest’anno o agli inizi del prossimo.
Bond MPS ad alto rischio teorico
C’è ottimismo attorno a Siena, in considerazione del fatto che i conti siano stati puliti trasferendone le perdite a carico dei contribuenti.
L’obbligazionista si assume, tuttavia, un rischio di credito alto. I rating di lungo periodo assegnati all’emittente sono B1 da Moody’s, B+ da Fitch e B(high) da DBRS. In sostanza, la banca resta un debitore speculativo o anche gergalmente detto “spazzatura”. E ciò, nonostante più del 64% del suo capitale sia dal 2017 in mano allo stato. Al netto dell’imposta del 26%, la cedola netta scende al 5% e riduce così le distanze con il rendimento garantito dai titoli di stato. Infine, la call rappresenta un altro rischio per l’obbligazionista. Nel caso in cui i tassi di mercato tra tre anni saranno più bassi di quelli odierni, il bond MPS sarà verosimilmente rimborsato in anticipo per risparmiare sugli interessi. L’investitore si ritroverebbe senza cedola per il quarto e ultimo anno.