Nuovi bond sudafricani in dollari sono stati emessi in settimana. Due le scadenze prescelte dal governo di Pretora: a 10 e 30 anni. La prima è stata offerta in emissione sul mercato per 1,4 miliardi, la seconda per 1,6 miliardi. Nel complesso, 3 miliardi di dollari a fronte di una domanda pari a 7,1 miliardi. Gli ordini relativamente elevati hanno consentito al paese emergente di tagliare i rendimenti rispettivamente a +309 e +447 punti base sopra i Treasuries di pari durata. Rispetto all’inizio del collocamento, si sarebbe registrato un restringimento degli spread di 37,5 bp per la tranche decennale e di 45 per quella trentennale.
Alti tassi d’interesse e spread contenuti
I bond sudafricani con scadenza 2032 offrono una cedola del 5,875%, mentre quelli con scadenza 2052 del 7,3%. Parliamo di livelli molto elevati, pur in un contesto di rialzo dei tassi globali. Soprattutto, gli spread non si sono distanziati molto da quelli esitati all’ultima emissione di titoli in dollari nel 2019. Senonché, da allora le agenzie di rating hanno declassato il debito sovrano del Sudafrica a “junk”. In teoria, segnalano un rischio di credito elevato. Gli investitori non sembrano essersi intimoriti più di tanto.
Se passiamo dai bond sudafricani in dollari a quelli denominati nella valuta locale, cioè in rand, il discorso si fa forse ancora più interessante. Il trentennale con scadenza 28 febbraio 2048 e cedola 8,75% (ISIN: ZAG000096173) ieri si comprava per 83,33 centesimi. Il suo rendimento lordo risultava del 10,65%, sostanzialmente stabile da inizio anno, quando la quotazione viaggiava poco sotto 83 centesimi. In altre parole, il titolo registra un rialzo dello 0,7%. E’ pochissimo, ma in un contesto di caduta straordinaria dei prezzi come quello che stiamo vivendo, già è un segnale positivo.
Bond sudafricani in rand, guadagni a doppia cifra
E il meglio arriva quando andiamo a verificare la variazione del tasso di cambio contro l’euro: da inizio anno, il rand sudafricano ha guadagnato il 13,7%.
L’agenzia di rating Fitch si aspetta che il rapporto tra debito e PIL culmini al 75% entro l’anno fiscale 2024/2025 e che per quest’anno il deficit si attesti al 5,7%. Lo scorso anno, le entrate fiscali sono aumentate del 22%, più del previsto, sostenute dal boom dei prezzi delle materie prime e la conseguente ripresa delle attività estrattive nel paese.