La lira turca è diventata nell’ultimo anno un asset più volatile dei Bitcoin. Del resto, abbiamo assistito a una bizzarria più unica che rara il mese scorso: tasso di cambio crollato ai minimi storici e in recupero del 25% contro il dollaro nella medesima seduta. La valuta emergente, tuttavia, è tornata a deprezzarsi e a farne le spese sono anche i bond sovrani emessi dalla Turchia, sia in lire che in dollari e altre valute forti.
La scadenza decennale in dollari 15 gennaio 2031 e cedola 5,95% (ISIN: US900123DA57) perde circa il 10,5% nell’ultimo mese, scendendo a una quotazione di poco superiore a 87 centesimi venerdì scorso.
Bond Turchia più rischiosi
Dunque, ai danni dei bond della Turchia stanno accadendo due cose: anzitutto, i capitali fuggono dall’instabilità valutaria; al contempo, intravedono migliori opportunità d’impiego negli States, dove i rendimenti salgono per l’intravisto rialzo dei tassi FED da qui a qualche mese. Attenzione, poi, anche al rischio sovrano. Pur in calo dai massimi toccati a dicembre, i “credit default swaps” (CDS) a 5 anni si acquistano a circa 521 punti base, implicando un tasso di default atteso entro il quinquennio del 9,5%.
I CDS sono titoli che assicurano il capitale contro il rischio default, per cui il loro rincaro segnala una corsa del mercato a ripararsi da tale probabilità. Agli inizi dello scorso anno, il costo era ancora inferiore ai 315 punti base. A preoccupare non è certo l’entità del debito sovrano turco, al 40% del PIL. Il problema è che buona parte di esso è denominato in valute forti come il dollaro e con il collasso della lira tende a incidere maggiormente sui conti pubblici di Ankara.