Com’era nelle previsioni, il taglio dei tassi operato dalla banca centrale la settimana scorsa si è rivelato deleterio per i bond in Turchia. Il rendimento a 10 anni è esploso di circa 200 punti base (2%) a quasi il 18,70%. Il rendimento a 2 anni ha fatto solo un po’ meno peggio, schizzando di circa 130 punti (1,3%) al 18,40%. E così, la curva delle scadenze si sta appiattendo. Anche questo aspetto era stato facilmente previsto. L’allentamento della politica monetaria in pieno boom dell’inflazione surriscalda le aspettative del mercato per quest’ultima, sostenendo i rendimenti a lungo termine.
Al momento, i bond in Turchia hanno rendimenti reali negativi. Gli stessi tassi d’interesse sono negativi in termini reali, al 18% contro il 19,25% dell’inflazione ad agosto. Ad essere stati penalizzati dalle vendite sono stati anche i bond denominati in valute forti. Se prendiamo come riferimento la scadenza a 5 anni in dollari USA, è scesa da oltre 98 a 96,80 centesimi. Quella a 10 anni ha fatto peggio, scivolando da 97 a 94,50 centesimi.
Bond Turchia, sale il rischio sovrano
La lira turca ha toccato i nuovi minimi storici contro il dollaro, scambiando in area 8,90. E’ perfettamente naturale che accada. Il rischio sovrano lievita, anche perché non c’è solo il taglio dei tassi a preoccupare il mercato. Il presidente Erdogan, che di questa politica monetaria scriteriata è il vero artefice, ha altresì annunciato l’acquisto di nuovi missili S-400 dalla Russia. L’operazione è fortemente contrastata dagli USA, dato che la Turchia è un membro della NATO e Mosca è sotto embargo dall’Occidente dopo l’occupazione della Crimea.
Ankara rischia a sua volta un embargo finanziario pesante, finora evitato con l’amministrazione Trump. Erdogan gioca a tirare la corda, consapevole della sua forza geopolitica nell’area. Ma corre il rischio che i capitali defluiscano per il semplice timore che Washington veda di cattivo occhio gli investimenti in Turchia.