L’Unione Europea (UE) ha riaperto via collocamento sindacato due bond emessi nel corso del 2024, attirando come sempre ordini elevatissimi sul mercato. Nel dettaglio, due le tranche offerte: la scadenza 4 dicembre 2031 con cedola 2,50% (ISIN: EU000A3L1DJ0) e la scadenza green del 4 febbraio 2050 con cedola 3,25% (ISIN: EU000A3K4EU0). La prima ha raccolto 6 miliardi contro richieste per oltre 75 miliardi, mentre la seconda è stata limitata a 5 miliardi contro 80 miliardi di richieste.
Risultati del collocamento sindacato
Il grande interesse verso i bond UE ne conferma l’appeal in qualità di “safe asset”. Stando ai dati che stanno emergendo dal collocamento, la prima tranche avrebbe spuntato un rendimento a +37 punti base sul tasso “mid-swap” e la seconda a +108 punti base. Sul mercato secondario, ieri avevano chiuso rispettivamente al 2,59% e al 3,28%. E grosso modo sarebbero questi i rendimenti esitati anche all’operazione di oggi.
Premio sui Bund
Per quanto bassi possano apparire, considerate che i bond UE rendono sempre a premio rispetto ai titoli di stato tedeschi lungo la curva dei tassi. Ad esempio, il Bund 2031 zero coupon offre il 2,14% e il Bund 2050 zero coupon il 2,57%. Questo significa che il mercato è disposto ad acquistare debito comunitario a rendimenti superiori a quelli pretesi per il debito emesso da Berlino. Un’anomalia, che continua ad essere notata dai provider finanziari. Questi hanno sinora deciso di escludere i bond UE dai rispettivi indici, ravvisandone la natura di debito non perfettamente sovrano.
Il principale limite per i bond UE è dato dalla scarsa disponibilità sul mercato. La scadenza del 2031 sul MoT di Borsa Italiana è stata scambiata nei mesi scorsi per controvalori bassissimi.
A gennaio per appena 1 milione di euro. La scadenza del 2050 è arrivata a 2 milioni, ma parliamo di dati molto scarni. In sostanza, il debito comunitario presenta un basso grado di liquidità. E la situazione non sembra destinata ad evolversi in meglio. Successivamente al 2026 non sono previste emissioni, una volta cessate quelle relative al finanziamento del Next Generation EU.
Bond UE non sorretti da entrate comuni
In pratica, di bond UE ce ne sono pochi a disposizione, mentre il mercato ne vorrebbe di più. E questa scarsità si traduce in un paradossale deprezzamento rispetto ai Bund, a causa dei problemi che si hanno in fase di negoziazione sul secondario. C’è da aggiungere che questo debito è emesso per conto dei 27 stati membri, in assenza di entrate dirette a cui Bruxelles possa attingere. Agli occhi degli investitori, quindi, esso è di tutti, ma in fondo anche di nessuno. Se salisse in percentuale al Pil UE, inizierebbero a pretendere garanzie più solide della semplice promessa teorica dei governi di fronteggiare i pagamenti nel caso si rendesse necessario.