Bond emergenti a basso rischio di credito, ecco il caso dell’Uruguay

I bond emergenti non sono sempre più rischiosi di quelli emessi sui mercati avanzati. Un esempio lo offre l'Uruguay.
7 mesi fa
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Bond emergenti poco rischiosi, il caso dell'Uruguay
Bond emergenti poco rischiosi, il caso dell'Uruguay © Licenza Creative Commons

Chi lo ha detto che i bond emergenti debbano essere per forza di cose più rischiosi di quelli emessi sui mercati avanzati? Siamo abituati a pensarlo e spesse volte è proprio così. Per anni abbiamo raccontato di quanto gli investitori occidentali andassero in Asia, Sudamerica o persino in Africa in cerca di rendimenti più alti, pur a fronte di maggiori rischi. I bond dell’Uruguay insegnano che esistono eccezioni alla regola. Questo stato è incastonato tra due giganti: Brasile e Argentina. Se ne sente parlare poco e forse è un bene.

Lontano dai tumulti che caratterizzano la regione, è una delle economie più ricche al mondo con un Pil pro-capite sui 22.500 dollari.

Economia ricca e stabile

Di Uruguay non sentiamo parlare, se non qualche volta per la sua nazionale di calcio, vittoriosa tra l’altro di due coppe del mondo. Ospitò i primi mondiali nel 1930. Qualcuno saprà che sia noto anche come la terra dei gauchos, altrimenti noti come cowboys. In pochi avranno preso in considerazione di investire in questi bond emergenti, che hanno tutta l’aria di offrire un buon mix tra rendimento e rischio.

Rating bond Uruguay medio-alti

I bond dell’Uruguay godono di valutazioni medio-alte: BBB+ per S&P, BBB per Fitch e Baa1 per Moody’s. Rating decisamente migliori di quelli assegnati ai BTp dell’Italia. Questo Paese dell’America Latina vanta un debito pubblico relativamente basso, al 55% del Pil. Gli stessi disavanzi fiscali appaiono sotto controllo, intorno al 3% in questa fase. Quanto alle riserve valutarie, ammontano a 16,7 miliardi di dollari per gli ultimi dati disponibili. Il debito estero a breve termine, invece, si attesterebbe sotto gli 8 miliardi. Unica pecca: partite correnti e bilancia commerciale in passivo. Questo significa che in Uruguay entra tendenzialmente meno valuta estera di quanta ne esca. Ed è forse la motivazione principale che porta le agenzie di rating a non assegnare giudizi ancora migliori.

Emissioni in dollari e valuta locale

Prendiamo un bond dell’Uruguay denominato in dollari Usa a lunga scadenza: cedola 4,125% e rimborso in data 20 novembre 2045 (ISIN: US760942AY83). Ad una quotazione attualmente inferiore agli 84 centesimi, offre un rendimento in area 6,20%, cioè a premio di poco più di 130 punti base rispetto al T-bond degli Stati Uniti a 20 anni. Sembra una buona opportunità per inserire in portafoglio un asset redditizio e apparentemente destinato ad apprezzarsi con il taglio globale dei tassi di interesse.

Ma opportunità di investimento sembrano esservene anche tra i bond dell’Uruguay in valuta locale. Prendete l’emissione del 2021 con scadenza 21 maggio 2031 e cedola 8,50% (ISIN: US917288BM35). Si tratta più propriamente di un “dual currency”, nel senso che l’emissione è avvenuta in pesos locali e i pagamenti avvengono in dollari Usa in base al tasso di cambio vigente alle relative date. Sul mercato vale sui 90 centesimi e, allo stato attuale, offre un guadagno in conto capitale post-conversione in dollari del 4% rispetto alla data del debutto di quasi tre anni fa. In euro, siamo ad oltre il 18%. Interessantissimo il rendimento: 10% annuale lordo.

Bond Uruguay hanno valore

A questo punto, potreste giustamente dubitare che la valuta in questione sia altamente volatile. Invece, non è così. Rispetto ad un anno fa scambia in leggero recupero sul dollaro Usa e negli ultimi cinque anni ha perso il 9%, percentuale più che accettabile, date le tensioni di ogni natura che si sono verificate nel periodo. Tra l’altro, i bond dell’Uruguay sono emessi da una delle economie più libere al mondo: 27-esima posizione per l’Indice di Libertà Economica di The Heritage Foundation. Tanto per avere un raffronto, l’Italia figura alla posizione 81. E anche questa è un’anomalia per la regione, fatta eccezione per il Cile.

Infine, il taglio dei tassi già in corso a Montevideo può sostenere i corsi obbligazionari in valuta locale. L’inflazione è scesa sotto il 4%, mentre il costo del denaro è ancora all’8,50%.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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