Manca poco alla legge sul bonus 110% per interventi di eco e sismabonus e, oltre alla lista dei lavori agevolabili, i nodi principali da sciogliere restano sconto in fattura e cessione del credito. Il fatto che il potenziamento del bonus 110% sia stato annunciato senza che vi fossero regole precise e riferimenti legislativi, ha determinato una grossa confusione sia nei proprietari di casa che negli operatori del settore. A complicare le cose, visto che si tratta di un’agevolazione che riguarda in primis i condomini, l’emergenza Covid che ha sospeso le assemblee condominiali.
Sconto in fattura del bonus 110%: chi paga i lavori?
Il bonus 110% permette di recuperare in detrazione in 5 anni l’intero costo dei lavori agevolabili per Sisma ed Ecobonus (per l’elenco più preciso degli interventi che rientrano nella nuova misura clicca qui) più il 10%. In altre parole, al termine dei 5 anni, chi commissiona i lavori avrà recuperato l’intero importo più un 10% da applicare come sconto sulle tasse. C’è però un’alternativa che sta suscitando ancora più interesse. Con lo sconto in fattura l’azienda si accolla la spesa: i lavori che rientrano nel bonus possono essere realizzati gratis dai beneficiari (prime case, condomini e probabilmente, in alcune ipotesi ben stabilite, si aprirà anche alle seconde case).
Lo sconto in fattura, a dire il vero, non è una novità assoluta del bonus 110. Solo che, finora, è stato uno strumento poco usato perché non tutte le aziende, soprattutto tra quelle medio-piccole, potevano sostenere questa strada e restare competitive facendo lavori e anticipandone le spese.
Bonus 110%: come chiedere lo sconto in fattura all’azienda
Attenendoci a quelle che sono le regole in vigore per gli altri bonus casa, possiamo ipotizzare che i clienti dovranno dotarsi di PIN ed effettuare la comunicazione dell’avvenuta cessione del credito online all’Agenzia delle Entrate. Attenzione perché la responsabilità di quanto dichiarato rispetto allo Stato (che fa da garante del credito) resta a carico del contribuente (e le sanzioni sono pesanti): l’impresa lo diventa in via solidale solo se cede il credito a sua volta.
Quest’ultima possibilità, come sopra accennato, rende meno probabile che l’azienda rifiuti lo sconto in fattura. Tuttavia l’ipotesi non è del tutto da escludere perché non è diventato un obbligo di legge. A far pendere l’ago della bilancia nel calcolo dei NO e dei SI dinanzi a tali richieste, saranno verosimilmente anche i chiarimenti che si attendono per quanto attiene le regole della cessione del credito alle banche. Queste, infatti, serviranno a definire la questione dal punto di vista delle aziende. La banca erogherà pagamento diretto o sotto forma di finanziamento? Può trattenere una percentuale superiore al 10% che eccede il 100%? Quali sono le tempistiche di pagamento? Quali ulteriori garanzie può pretendere?
Anche sullo sconto in fattura stesso restano da chiarire alcuni aspetti non secondari: se un’impresa opta per non cedere il credito ma utilizza personalmente il credito d’imposta quali voci realmente potrà compensare? Sono incluse solo le tasse annuali o anche i contributi e le imposte mensili? Riferimenti più chiari gioverebbero a tutte le parti coinvolte per fare la scelta giusta con maggiore serenità.
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