In un comunicato stampa odierno l’Aduc informa i cittadini su come procedere per le illegittime richieste di pagamento di sanzioni cadute in prescrizione che il MEF avanza riguardo il bonus bebè 2005/2006. A causa di errori e disguidi, infatti, l’erogazione dei 1000 euro per il bonus bebè 2005/2006 avvenne anche nei confronti di chi non era in possesso dei requisiti per averne diritto. La conseguenza fu la richiesta di restituzione dei 1000 euro a chi lo aveva riscosso non avendone i diritti.
A distanza di 10 anni il MEF, dopo aver archiviato tutti i procedimenti penali del caso, minaccio ordinanze e ingiunzioni nei confronti di coloro che non hanno pagato i 1000 euro di sanzione previsti per chi si era “appropriato indebitamente” delle somme erogate, nonostante i crediti in oggetto sono ampiamente prescritti essendo passati più di 5 anni. L’Aduc, quindi, fornisce, oltre alla spiegazioen di quanto successo anche una guida su come procedere nei confronti di queste illegittime richieste. Riportiamo di seguito, e integralmente, il comunicato stampa dell’Aduc:
“Firenze, 9 Febbraio 2016. Molti ricorderanno l’infausta vicenda del bonus bebe’ di 1.000 euro, previsto dalla finanziaria 2006 per i bambini nati nel 2005/2006 da cittadini italiani o comunitari, residenti in Italia, con reddito non superiore a 50.000 euro. I “fortunati” possessori di tutti i requisiti ricevettero direttamente a casa una lettera dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che comunicava loro che avevano diritto a riscuotere il bonus presso l’ufficio postale. I “fortunati” si recarono quindi presso l’ufficio postale, compilarono l’autocertificazione sul possesso del requisito reddituale (gli altri erano stati accertati “a monte” prima dell’invio della lettera) e passarono alla cassa per il ritiro della somma, effettivamente erogata. Poi pero’. Prima venne fuori che nella fretta di mandare le lettere erano stati commessi molti errori, primo fra tutti l’invio anche a cittadini stranieri extracomunitari. Tanti altri, in buonafede autocertificarono di possedere il requisito reddituale (meno di 50.000 euro) guardando al reddito netto e non al lordo. Altri ancora ricevettero la lettera della Presidenza del Consiglio pur essendo iscritti all’AIRE (l’anagrafe degli italiani residenti all’estero), quindi non residenti in Italia. Il risultato fu la richiesta di restituzione dei mille euro a chi – pur in buonafede – lo aveva riscosso non avendone diritto, processi penali sparsi in tutta Italia – per truffa aggravata ai danni dello Stato, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, falso del privato in atto pubblico- e la minaccia di sanzioni amministrative di 3.000 euro (non solo avete sbagliato voi ad individuarmi come legittimato dandomi i 1000 euro e ve li devo restituire, ma devo anche subire un processo e pagarvi il triplo…). Predisponemmo all’epoca un manuale di sopravvivenza (1), e fu presentata una interpellanza parlamentare (2). Il Governo allora ci mise una prima toppa con una norma (articolo 1, comma 1287 della legge 27 dicembre 2006 n. 296) che, a correzione degli errori commessi dall’amministrazione, disponeva che chi ancora non aveva restituito poteva tenersi la somma (in barba a chi, zelante, a richiesta aveva prontamente restituito). Poi con decreto legge n.138/2011 convertito in legge n. 148/2011 (Art. 6 comma 6-bis) il Governo preciso’ che, restituendo l’importo del bonus entro il 16/12/2011, coloro che ne avevano usufruito senza averne i requisiti di reddito non sarebbero stati soggetti a sanzioni amministrative né penali. Tutto finito? No. A distanza di ben dieci anni il Ministero delle Finanze, archiviati tutti i procedimenti penali (pagati dai contribuenti) continua a provarci (3), minacciando ordinanze-ingiunzioni a chi non paga 1.000 euro di sanzione amministrativa (art. 316 ter, comma 2 del codice penale, indebita percezione ai danni dello Stato per importi pari o inferiori a 3.999,96 euro). Dimentica pero’ il Ministero (o finge di dimenticare?) che questi crediti, a prescindere dalle considerazioni sugli errori (ministeriali e dei cittadini), sono prescritti, essendo ampiamente trascorsi 5 anni dal momento in cui e’ stata compiuta la violazione (cioe’ da quando e’ stata firmata e consegnata l’autocertificazione). Ma la prescrizione deve essere espressamente “eccepita” dal debitore, che se spontaneamente paga non puo’ poi pretendere di riavere i soldi indietro. E – hai visto mai – magari qualcuno spontaneamente paga. Al Ministero hanno anche creato un indirizzo email dedicato, per razionalizzare il lavoro, al quale inviare le ricevute di avvenuto pagamento per evitare l’ordinanza ingiunzione:[email protected]. Le richieste, come detto, sono illegittime. Ecco quindi come procedere: – inviare, entro 30 giorni dal ricevimento dell’atto con il quale il Ministero chiede il pagamento della sanzione amministrativa, le proprie difese con raccomandata con ricevuta di ritorno, specificando che il diritto al pagamento della sanzione amministrativa e’ ormai prescritto (art. 28 l. 689/1981); – in caso di emissione di ordinanza-ingiunzione, occorrera’ agire in giudizio opponendosi all’ordinanza per lo stesso motivo. La vicenda del bonus bebe’ e’ un errore dal quale speriamo che il Governo e l’amministrazione finanziaria traggano almeno esperienza, per evitare che simili errori si ripetano. E la mente vola alla prossima applicazione del canone Rai in bolletta. Le similitudini ci sono. In entrambi i casi le verifiche iniziali dei requisiti sono fatte dall’amministrazione (residenza e cittadinanza nel caso “bonus bebe’”; residenza, nucleo familiare e intestazione utenze nel caso “canone Rai”). In entrambi i casi all’utente viene richiesta una autocertificazione. Poi pero’ il meccanismo si ingolfa, vengono commessi errori sia dall’amministrazione che dai cittadini. Il bilancio – dieci anni dopo – e’ sconfortante: persone inquisite per anni per reati di falso e truffa; aule di tribunale penale intasate da processi inutili; bonus erogati, poi richiesti indietro, poi condonati; sanzioni amministrative prima di 3.000 euro, poi condonate, poi scontate a 1.000 euro, poi richieste nonostante siano prescritte. E ancora oggi c’e’ il rischio di vedersi notificare una ordinanza-ingiunzione di pagamento illegittima, e di doversi opporre in giudizio. Ci auguriamo che il Ministero saggiamente desista e che questa esperienza negativa insegni per il prossimo futuro. Emmanuela Bertucci, legale Aduc COMUNICATO STAMPA DELL’ADUC Associazione per i diritti degli utenti e consumatori”