Il bonus affitti istituito dal decreto Cura Italia, oltre a lasciar fuori professionisti, autonomi ed ENC (salvo che svolgano attività d’impresa), non contempla nemmeno l’ipotesi dell’affitto di ramo d’azienda. Lo si evince chiaramente dalle FAQ dedicate alle misure fiscale del decreto e disponibili sul sito istituzionale del MEF. Volendo ripercorrere l’iter istitutivo del bonus, si tratta di un credito d’imposta, previsto con l’art. 65 del DL n. 18 del 2019, riconosciuto, per l’anno 2020, nella misura del 60% dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (negozi e botteghe).
Cosa dice il MEF
Per espressa previsione normativa ne possono beneficiare solo gli esercenti attività d’impresa e per di più non interessate da provvedimento di chiusura (di cui agli allegati 1 e 2 del DPCM 11 marzo 2020 e successivi come modificati dal decreto MISE 25 marzo 2020). Esclusi, dunque, i soggetti menzionati in premessa, anche se qui già sono state avanzate osservazioni, poiché anche se è vero che si tratta di soggetti che non sono interessati da provvedimenti di chiusura della propria attività è anche verso che la crisi economica derivante dall’emergenza sanitaria in corso ha portato pure per essi un calo degli introiti e, quindi, minori disponibilità finanziarie per pagare gli affitti dei propri studi o uffici. Soffermando, comunque, la nostra attenzione sulla possibilità di fruire del credito anche nell’ipotesi di affitto del ramo d’azienda, il MEF ha espressamente fatto sapere che la misura in esame si applica ai contratti di locazione di negozi e botteghe, rimanendo esclusi i contratti aventi ad oggetto, oltre alla mera disponibilità dell’immobile, anche altri beni e servizi, quali i contratti di affitto di ramo d’azienda o altre forme contrattuali che regolino i rapporti tra locatario e proprietario per gli immobili ad uso commerciali.