“Use Signal”, più o meno l’equivalente del cinematografico “al mio segnale scatenate l’inferno”. Più o meno è successo lo stesso, ma non in un’arena dell’Antica Roma, bensì a Wall Street, il tempio finanziario dell’era moderno. Questo è stato il tweet pubblicato il 7 febbraio scorso da Elon Musk, fondatore e CEO di Tesla, al momento uomo più ricco al mondo dopo il boom delle azioni nell’ultimo anno. L’uomo si riferiva a un’app di messaggistica istantanea e concorrente di WhatsApp.
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Ma torniamo alla vicenda. Tantissimi piccoli investitori hanno preso sul serio le parole di Musk, comprando le azioni di Signal Advance, le quali sono esplose dagli appena 60 centesimi di dollaro del 6 gennaio, il giorno precedente al tweet, a un massimo di 70 dollari di lunedì, seduta conclusasi a 38,70 dollari, pari a una capitalizzazione di 3,55 miliardi e a un rialzo complessivo pari al 6.350% in appena tre sedute. Peccato che la Signal in questione non fosse la società a cui si riferisse Musk, bensì una piccola società manifatturiera con un solo dipendente a tempo pieno e che negli esercizi 2015 e 2016 nemmeno ha riportato ricavi. E se nella sola giornata di lunedì erano passate di mano 2 milioni di sue azioni, il 4 gennaio scorso non risultava negoziato un solo titolo della società in borsa. E accortisi dell’errore, in molti ieri hanno venduto, con il titolo ad avere perso più del 74% e a chiudere a 10 dollari, restando pur sempre di oltre 16 volte sopra i livelli pre-tweet.
La confusione tra due titoli azionari, non è la prima volta
Insomma, il mercato si è confuso per via del nome molto simile tra le due società. Non è la prima volta che accade qualcosa del genere. Nel 2019, Zoom Technologies registrò un boom, essendo stato confuso con Zoom Video Communications, la società di video-conferenza in pieno sviluppo proprio nei mesi della pandemia. L’equivoco venne risolto dalla SEC, la Consob americana, che in quel caso arrestò in tempo le contrattazioni delle azioni di Zoom Technologies, cercando di fare chiarezza tra le due sigle: ZOOM per quest’ultima e ZM per la più nota.
Resta il sostegno convinto di Musk all’app, tant’è che in un altro tweet, stavolta datato 11 gennaio, ha confermato di avere donato denaro già un anno fa alla società di messaggistica e che intende farlo in misura maggiore adesso.
Il caso si rivela comico per chi non ci ha rimesso di tasca proprio, ma tragico per gli investitori caduti nell’errore. Segnala, ad ogni modo, come ai giorni d’oggi la comunicazione sia piuttosto veloce, ma non sempre corra di pari passo alla consapevolezza delle proprie azioni. Si investe con una certa leggerezza in un titolo per sentito dire, perché sembra alla moda, perché il prezzo sale e bisogna approfittarne, salvo leccarsi le ferite quando si scopre spesso sulla propria pelle di essere finiti mangiati dai pesci più grossi. Nessuno immagina che un investitore si legga anni e anni di bilanci di ciascuna società di cui compra azioni e bond, ma che almeno raccolga un minimo di informazioni per capire chi sia, cosa produca, se faccia numeri e quali siano le sue prospettive. Chiaramente, molto meglio sarebbe affidarsi a un consulente finanziario, che sa quel che fa e, pur potendo anch’esso sbagliare, mostra un suo raziocinio nel muoversi sui mercati.
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