Tra gli eventi da non ignorare di questa settimana economica vi è l’asta per l’emissione dei Buoni ordinari del Tesoro (BoT) a 12 mesi, la prima del nuovo anno. Si è tenuta mercoledì 11 gennaio e ha raccolto tutti i 7 miliardi di euro preventivati dal Tesoro, che il giorno prima aveva raccolto altri 7 miliardi grazie al collocamento sindacato per il nuovo BTp a 20 anni. E oggi, ulteriori 7 miliardi con l’emissione di due titoli di stato a medio-lunga scadenza. Un calendario impegnativo per lo stato italiano, che entro la fine del 2023 dovrà reperire sul mercato 500 miliardi di euro tra debito da rinnovare alla scadenza e disavanzo fiscale da finanziare.
Tornando al BoT a 12 mesi, in un certo senso ha fatto la storia. L’emissione di questa settimana, scadenza 12 gennaio 2024 (ISIN: IT0005529752) e data di regolamento fissata per il 13 gennaio prossimo, ha esitato il rendimento più alto dal luglio del 2012. Per la prima volta dalla metà del 2012, poi, cioè da oltre dieci anni e mezzo, questi ha varcato la soglia del 3% lordo. Infatti, il titolo è stato prezzato a 96,974 centesimi per un rendimento annuo lordo del 3,086%, in aumento dello 0,42% rispetto all’asta di dicembre.
Gli ordini sono stati pari a 9,712 miliardi, 1,39 volte l’importo offerto. Il BoT a 12 mesi è chiaramente sprovvisto di cedola, dato che il suo rendimento deriva solamente dalla differenza tra il prezzo rimborsato alla scadenza e il prezzo di acquisto. Fino a pochi mesi fa, neppure vi davamo conto delle sue emissioni, dati i rendimenti negativi imperanti sul mercato fino alle medio-lunghe scadenze. Tuttavia, sarebbe il caso di tornare a guardare al segmento breve della curva dei titoli di stato.
Asta BoT 12 mesi, rendimento versus conto deposito
Il 3% di rendimento è obiettivamente insufficiente per compensare l’inflazione attesa per quest’anno nell’ordine del 4,50%. Tuttavia, l’obiettivo di chi acquista un BoT non è certamente di massimizzare il rendimento.
Nei fatti, i BoT a 12 mesi possono essere il modo di mettere a frutto il proprio denaro restando sostanzialmente liquidi. Infatti, per i titoli di stato, specie con scadenze brevi, il disinvestimento è sempre possibile velocemente e accollandosi un rischio di volatilità dei prezzi molto contenuto. Da notare, infine, che lo spread a 12 mesi tra titoli italiani e tedeschi viaggia attualmente sotto 40 punti base o 0,40%. In sostanza, per Roma accedere al mercato dei capitali a breve termine costa appena di più che a Berlino.