Il governo tedesco ha varato ieri una norma, che pone un limite all’assistenza sociale per gli immigrati UE per i primi 5 anni di loro residenza in Germania. Su proposta del ministro del Lavoro, Andrea Nahles, non potranno più accedere ai sussidi di disoccupazione per questo arco di tempo, qualora non abbiano mai lavorato su suolo tedesco, mentre dovrebbero continuare ad essere erogate loro altre forme di prestazioni sociali. La finalità del provvedimento è di porre fine a quello che viene da tempo definito il “turismo del welfare”, ma ha un significato beffardo per i cittadini britannici, il cui governo aveva chiesto esattamente le stesse cose all’inizio di quest’anno, al fine di disinnescare il rischio di una Brexit, in vista del referendum di giugno.
Sulla norma proposta da Nahles pende un ricorso del Tribunale sociale federale alla Corte Costituzionale di Karlsruhe, la cui sentenza dovrà chiarire meglio il concetto di “residenza continuativa”. In Germania, sostiene il governo della cancelliera Angela Merkel, sarebbero 130.000 gli immigrati europei, specie dell’Est e del Sud Europa, che godono di sussidi di disoccupazione, in gran parte provenienti da Romania e Bulgaria. (Leggi anche: Immigrati una risorsa? Governi tagliano assistenza)
Anche Londra chiese limitazione a sussidi per immigrati UE
Il principio su cui regge la norma voluta dal ministro socialdemocratico è che uguali prestazioni assistenziali con il programma “Hartz IV” sono accessibili ai cittadini UE, purché abbiano lavorato in Germania, altrimenti dovranno fare richiesta per ottenere un sussidio al proprio paese di origine.
Non solo sembra un principio di buon senso – non puoi chiedere un sussidio a un paese, in cui non hai mai lavorato, né pagato tasse e contributi previdenziali – ma il fatto è che proprio su questo punto è avvenuta la rottura insanabile tra Regno Unito e resto della UE, che non più tardi di quasi quattro mesi fa ha spinto la maggioranza dei cittadini britannici a votare per la Brexit.