BTp 10 anni, quale titolo e perché rende di più e su quale investire?

BTp agosto o novembre 2029? Un confronto tra due decennali per rendimento, cedola e prezzo. Piccole differenze, che spesso fanno la differenza nel nostro portafoglio d'investimenti.
5 anni fa
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Nuovo BTp a 3 anni in asta
Nuovo BTp a 3 anni in asta © Licenza Creative Commons

Il BTp a 10 anni offre ormai un rendimento nettamente superiore a quello minimo a cui si era portato alla fine di settembre, quando si aggirava intorno allo 0,80%. Se prendiamo come riferimento il titolo di stato con scadenza agosto 2029 (ISIN: IT0005365165), scopriamo che rendeva al termine della seduta di ieri l’1,12% lordo. L’altro decennale, quello che giunge a scadenza nel novembre 2029 (ISIN: IT0001278511), pur essendo di 3 mesi più longevo, offre un po’ di meno, cioè l’1,085%. Attenzione a un dato: il primo è stato il “benchmark” di riferimento per il decennale italiano fino a qualche settimana fa, lasciando il testimone al BTp 1 aprile 2030, di 8 mesi più vecchio e che, in effetti, a fine seduta ieri rendeva l’1,29%.

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Per intenderci, quando si parla di spread BTp-Bund, si fa riferimento alla differenza tra il rendimento del BTp 2030 e il decennale tedesco. Premesso ciò, come mai il novembre 2029 rende un po’ meno del titolo in scadenza 3 mesi prima? La risposta ce la fornisce la cedola: il primo stacca il 5,25% all’anno, il secondo solo il 3%. E come sappiamo, la cedola conta. Due i ragionamenti sul punto. Anzitutto, parte del mercato si mostra solitamente più allettato dalla possibilità di mettersi ogni anno in tasca un flusso di reddito superiore, in relazione all’investimento. Ad esempio, se oggi acquistassimo il BTp agosto 2029, che costa 116,41, incasseremmo annualmente un reddito pari a meno del 2,6% del valore investito (3%/116,41), mentre con il BTp novembre 2029 si sale al 3,8% (5,25%/137,44).

Cedola e prezzo per i due BTp a 10 anni

E qui veniamo al secondo motivo per cui il mercato tende a preferire il titolo con cedola più alta: prezza di più. Alla luce delle variazioni possibili rispetto a quelle del rendimento, mostra una “duration” inferiore, cioè regge il prezzo meglio.

Significa che se i decennali italiani dovessero rendere l’1% in più, a scendere maggiormente di prezzo sarebbe il BTp agosto 2029. Lo stesso, però, nel caso in cui il rendimento scendesse dell’1%. In quel caso, il BTp agostano si apprezzerebbe di più.

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Infine, il fatto che il BTp novembre 2029 esiti un prezzo più alto implica che alla scadenza l’investitore disporrà di una minusvalenza maggiore da portare fiscalmente in compensazione con le plusvalenze. Tuttavia, questo è il classico ragionamento da istituzionale, mentre l’investitore individuale o occasionale dovrebbe pensare al contrario. Infatti, se non maturasse plusvalenze finanziarie entro i 5 anni successivi, perderebbe il credito d’imposta riconosciutogli dallo stato. Pertanto, bisogna stare attenti ad acquistare obbligazioni a prezzi troppo sopra la parità. Nei due casi in esame, il credito d’imposta per il BTp agosto 2029 sarebbe dell’1,76%, per il BTp novembre 2029 del 3,41%.

In definitiva, il BTp novembre 2029 rende un po’ meno del BTp agosto 2029, ma offre cedola più alta. Per contro, costando di più, segnala il rischio di infliggere minusvalenze maggiori e non fiscalmente compensabili. Dunque, non sempre risulta conveniente seguire il mercato, se per esso intendiamo perlopiù gli investitori istituzionali, le cui opportunità ed esigenze spesso differiscono da quelle del piccolo risparmiatore.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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