Sta per arrivare un BTp a 100 anni dopo che ieri il Tesoro ha emesso il nuovo bond “benchmark” a 50 anni? Il BTp 2072 ha raccolto ordini per 57 miliardi di euro, a fronte dei 5 miliardi offerti. La cedola è stata fissata al 2,15% e il prezzo esitato è stato di 99,467 centesimi, per cui il rendimento lordo è risultato del 2,179%.
Ieri, a collocamento sindacato in corso, sui mercati girava voce che il Tesoro italiano stia ipotizzando il lancio di un BTp a 100 anni. Saremmo il primo tra i grandi stati al mondo a condurre un’operazione del genere.
L’Austria è stato il paese che ha riportato negli ultimi anni il maggiore successo con l’emissione dei bond a 100 anni. Ne ha lanciati due, uno nel 2017 e uno nel giugno scorso. Entrambi sono arrivati a rendere sul mercato secondario poco più dello 0,30%. Tuttavia, Roma non è Vienna. Il nostro debito pubblico ha rating medio-bassi, appena sopra il livello “spazzatura”. Se emettessimo un BTp a 100 anni, gli investitori pretenderebbero rendimenti congrui per inserirlo in portafoglio. A differenza dei bond austriaci, infatti, non li acquisterebbero in qualità di “safe assets”, bensì per accrescere la “yield” complessiva.
Bond a 100 anni: rendimento e volatilità elevati
Alle attuali condizioni di mercato, un BTp a 100 anni non potrebbe offrire meno del 2,5%. Sarebbe un rendimento storicamente assai basso per l’Italia, ma allo stesso tempo innalzerebbe la spesa per interessi, calante ormai da diversi anni in rapporto al PIL e in valore assoluto. E i nostri conti pubblici non possono permettersi ulteriori aggravi su questa voce di spesa.
Un BTp a 100 anni risulterebbe eccessivamente esposto alla volatilità dei prezzi per via della sua elevatissima “duration”. E su di essa inciderebbero molto le vicissitudini politiche interne e quelle relative al debito pubblico italiano. In buona sostanza, solo partendo da livelli di rendimento molto remunerativi si alletterebbero i capitali. E non è certo che questo per ora rientri nei piani del governo.