Sul mercato obbligazionario sovrano dell’Italia esiste ancora un BTp con cedola altissima, del 9%. Se pensiamo che il rendimento lordo più alto al momento esitato dai nostri titoli di stato viaggia a meno del 2,25% e riguarda la scadenza a 50 anni, capiamo subito che si tratti di un tasso d’interesse stellare. Sembra impossibile, ma è vero per il semplice fatto che il BTp in questione fu emesso a fine 1993 e ha scadenza nel 2023. In quell’anno, l’inflazione italiana era al 4,6%.
Chi ebbe l’acutezza o la fortuna di acquistarlo all’atto della sua emissione, ad oggi avrebbe portato a casa un rendimento cumulato di circa il 220% al netto della tassazione. Nel frattempo, l’inflazione cumulata non è arrivata all’80%. Dunque, il nostro ipotetico obbligazionista avrebbe maturato un rendimento netto reale annuo superiore al 3%. Per niente male.
Bilancio BTp con cedola 9% nel 2021
E chi lo avesse acquistato a inizio anno? La quotazione era a 126,60 l’1 gennaio scorso. Oggi, risulta scesa a 119,24. La perdita accusata in termini di capitale sarebbe del 5,81%. Al netto della tassazione, parliamo di un -5,10%. Nello stesso arco di tempo, però, avremmo incassato gran parte della cedola annuale lorda del 9%. A questo punto, dobbiamo considerare che la cedola netta del 7,875%, rapportata all’investimento, corrisponde al 6,22%. E rapportando questo dato ai poco più di nove mesi di godimento, scendiamo al 4,77%.
Riepilogando, avremmo un attivo del 4,77% esitato dalla cedola del BTp 2023, a fronte di un passivo del 5,1% determinato dal calo del capitale. Il saldo sarebbe negativo di un terzo di punto percentuale. Del resto, parliamo di un bond con rendimenti alla scadenza attualmente negativi per lo 0,26%. I prezzi non possono che continuare a scendere, man mano che ci avviciniamo alla data del rimborso, fissata per l’1 novembre 2023, cioè tra poco più di due anni.
Infine, una considerazione: il BTp a 30 anni oggi rende l’1,83%, a fronte di un’inflazione stimata dal governo italiano per quest’anno all’1,5%. In pratica, il rendimento netto sarebbe di appena lo 0,33%, oltre 400 punti base in meno del 1993, quando il mercato pretendeva per questa scadenza un rendimento reale di quasi 14 volte più alto. La ragione è semplice: il bond fu emesso in lire, mentre oggi il debito è denominato in euro.