La scorsa settimana, il Tesoro ha riaperto il collocamento sindacato del BTp 2051 in dollari, raccogliendo ordini per 2,2 miliardi ed emettendo un importo di 1 miliardo. Non è l’unico bond denominato in valuta americana esistente sul mercato sovrano italiano. Ve n’è uno, la cui emissione risale niente di meno che agli inizi degli anni Novanta. E’ il BTp settembre 2023 e cedola 6,875% (ISIN: US465410AH18). Venerdì scorso, il titolo risultava sceso a una quotazione di 110,88, registrando un calo di quasi il 5% quest’anno.
Sembrerebbe che sia andata male agli obbligazionisti, ma non è stato affatto così. Anzi, virtualmente questo sarebbe stato un anno da incorniciare per via dei guadagni elevati percepiti. In effetti, la sola cedola ha consentito ai possessori di incassare qualcosa come oltre il 5% del capitale investito a inizio anno. E il cambio euro-dollaro risulta nel frattempo indebolitosi del 7,75%, cioè il dollaro si è rafforzato di tanto contro l’euro. Il saldo complessivo risulta così positivo per l’8%.
BTp 2023 in dollari, saldo dell’investimento
Chi acquistasse il BTp 2023 oggi, si porterebbe a casa un rendimento lordo alla scadenza dello 0,95%. Esso si confronta con lo 0,45% offerto dal bond in euro di pari durata. Dunque, saremmo di fronte a un premio di mezzo punto percentuale. Tuttavia, ci sobbarcheremmo un rischio di cambio potenzialmente minaccioso per il nostro rendimento effettivo. Basti pensare che tutelarci contro di esso attraverso gli “swap” ci costerebbe in questa fase lo 0,8% all’anno, cioè più dell’extra che ricaveremmo acquistando il titolo in dollari, anziché in euro.
Se allarghiamo il nostro orizzonte temporale agli ultimi cinque anni, scopriamo che l’effetto cambio si è rivelato complessivamente negativo, dato che nel novembre 2016 si attestava in area 1,05 e, quindi, da allora il dollaro si è indebolito rispetto a oggi. D’altra parte, la quotazione stessa ha segnato una perdita del 6,6%.