Che ci crediate o meno, esistono ancora titoli di stato italiani emessi in lire italiane. E’ ovvio che con il passaggio all’euro siano stati ridenominati. Parliamo di bond del Tesoro a lunga scadenza, anche se oramai tutti con durata residua di pochi anni. Uno di questi è il BTp 1 novembre 2027 con cedola 6,50% (ISIN: IT0001174611). Debuttò come trentennale sul mercato alla fine del 1997, quando ancora non sapevamo neppure se saremmo entrati nell’Eurozona. Da notare che l’alto rendimento offerto rispecchiava i tempi.
Mini-rimbalzo dai minimi
Chi acquistò il BTp 2027 all’emissione, ad oggi ha incassato cedole nette per oltre il 150% del capitale. Anche tenendo conto dell’inflazione italiana, parliamo di un rendimento cumulato superiore all’86%. Qualcosa come la media del 2,40% all’anno. A ciò dobbiamo aggiungere un rialzo della quotazione, che al momento si aggira intorno all’11%. Pensate, però, che nel 2019 questa arrivò sopra 146. Disinvestire a quel tempo sarebbe stato molto vantaggioso.
Se oggi acquistassimo il BTp 2027, il rendimento lordo alla scadenza sarebbe neanche del 2,90%. E’ naturale che sia così, vista la durata residua di poco superiore ai tre anni. L’anno scorso, quando i rendimenti lungo la curva toccarono i massimi in quasi tutti i mercati maturi, il bond sprofondò a una quotazione di 108,50 nel mese di ottobre. Da allora, dunque, il rimbalzo è stato del 2,50%. Siamo stati abituati a ben altri numeri. Ad esempio, il BTp 1 giugno 2027 con cedola 2,20% (ISIN: IT0005240830) ha registrato nello stesso periodo un rialzo superiore al 5%. Il doppio.
BTp 2027, raffronto tra le due scadenze
Perché il BTp 2027 con maxi-cedola ha offerto minori soddisfazioni dai minimi? Tutto ruota proprio attorno alla cedola. Chi avesse acquistato ai minimi di dieci mesi fa, oggi avrebbe guadagnato il 2,5% in conto capitale e circa il 5% attraverso la cedola.