In attesa di conoscere cosa indicherà domani la BCE sui tassi d’interesse e gli acquisti dei bond, il mercato sovrano italiano ha registrato tensioni nelle ultime sedute. I rendimenti sono saliti e le distanze con i titoli tedeschi si sono ampliate. Alcune scadenze sono diventate interessante da più punti di vista. Ad esempio, il BTp 1 maggio 2031 e cedola 6% (ISIN: IT0001444378) è sceso quest’anno da una quotazione di 144,40 a inizio gennaio a una di 122,79 di queste ore. Il -15% accusato in poco più di cinque mesi ha innalzato il rendimento netto da 0,75% a 2,45% (+1,70%).
Il 6% lordo all’anno, rapportato al prezzo attuale del BTp 2031 e al netto dell’imposizione fiscale del 12,5%, esita un ancor ottimo 4,28%. In sostanza, se acquistate oggi il titolo e lo tenete in portafoglio, esso vi garantirà fino alla scadenza un flusso di reddito pari a circa il 4,3% all’anno. Pur scontando un’inflazione sostenuta nei prossimi anni, possiamo affermare che ci tuteleremmo bene dalla perdita del potere d’acquisto.
BTp 2031, prospettive a medio-lungo termine
Ovviamente, alla scadenza il rendimento effettivo si rivelerebbe inferiore per via della minusvalenza. Lo stato ci rimborserà a 100 il BTp 2031 comprato a quasi 123. Come detto, quindi, il rendimento netto sarebbe così del 2,45%. E se lo rivendessimo prima? Ci esporremmo ai prezzi di mercato, i quali possono variare anche molto rispetto a quelli attuali. Abbiamo immaginato di essere nel 2025 a tre anni esatti da oggi. La BCE ha completato da tempo il rialzo dei tassi e il mercato obbligazionario si è messo alle spalle la fase negativa. Per ipotesi, la quotazione del BTp 2031 è quella attuale. Poiché la durata residua del bond sarebbe di quasi 6 anni, il rendimento lordo alla scadenza si attesterebbe a 1,75%.
Rispetto ad oggi, si tratterebbe di un rendimento nettamente inferiore, ma a fronte di una durata di tre anni più corta. Previsione realistica? Il BTp a 6 anni nell’ultimo decennio ha reso mediamente l’1,55% lordo. Certo, ciò è dipeso dalle condizioni monetarie estremamente espansive, che non è detto si ripropongano nel prossimo futuro. Ad ogni modo, l’ipotesi non appare così peregrina. Se si verificasse quanto detto, avremmo modo di uscire dal mercato senza accusare perdite in conto capitale. Il nostro rendimento netto sarà stato intorno al 4,3%, verosimilmente superiore all’inflazione del triennio.