I rendimenti globali sono in ripiegamento nelle ultime settimane. Un trend favorito non solo dalla volontà del mercato di tornare ad acquistare bond dopo i crolli dei prezzi dei mesi passati. Alla base c’è anche la considerazione che il rialzo dei tassi delle banche centrali principali starebbe culminando. Il calo ha riguardato anche il mercato sovrano italiano, con lo spread in restringimento fin sotto 180 punti base per la scadenza a 10 anni. Su questa abbiamo l’opportunità di investire sia nel classico titolo di stato in euro, sia nel BTp 2033 in dollari.
Ieri, il nuovo “benchmark” a 10 anni offriva un rendimento in area 3,95%. Nelle stesse ore, il BTp 2033 in dollari rendeva più del 5,60%. Lo spread tra i due titoli era di 165 punti base o 1,65%. In pratica, investendo nei titoli di stato denominati in valuta americana otteniamo un premio dell’1,65% annuale.
Nell’ultimo mese, quello caratterizzato dal rally, il rendimento del BTp 2033 in dollari è sceso dal 6,30%. Per il bond in euro, il calo è stato dal 4,54%. In questo frangente, lo spread si è ristretto di una decina di punti. Sappiamo che il BTp in dollari offre di più per il semplice fatto che nei prossimi anni il cambio euro-dollaro è atteso in rialzo. La domanda che dobbiamo porci è la seguente: tale premio coprirà il rischio di cambio?
BTp 2033 in dollari poco generoso
Nessuno ha la sfera di cristallo per prevedere se il BTp 2033 in dollari sia almeno equivalente al bond in euro in termini di rendimento, una volta tenuto conto delle variazioni future del cambio. Possiamo affidarci alle valutazioni dello stesso mercato per cercare di capirlo. Ad esempio, ieri il T-bond a 10 anni degli USA offriva il 3,70%. Il Bund a 10 anni viaggiava sotto 1,90%. Pertanto, lo spread Treasury-Bund sfiorava i 190 punti o l’1,90%.
Seguendo la logica degli investitori internazionali, il decennale americano sconterebbe un indebolimento atteso del dollaro contro l’euro pari a circa l’1,90% medio all’anno nei prossimi dieci anni.
A meno che nello spread non vi sia altro. Pur essendo il rischio considerato molto basso, il mercato sconta da tempo lo scenario Italexit, cioè l’uscita dell’Italia dall’euro. In base al principio della “lex monetae”, però, a subire l’eventuale rinegoziazione sarebbero i titoli di stato emessi in euro, non anche quelli in dollari. Pertanto, questi ultimi risulterebbero relativamente un po’ meno rischiosi. Forse questo spiegherebbe il minore premio offerto di 15-20 punti rispetto a quanto dovrebbe in base allo spread Treasury-Bund.