L’inflazione è stata l’elefante nella cristalleria del mercato obbligazionario. Data per morta fino a poco più di un anno fa, il suo ritorno non era stato previsto. Di certo, non dagli obbligazionisti, che si erano accontentati di rendimenti nominali incredibilmente infimi, sottozero fino alle medio-lunghe scadenze. I prezzi dei bond sono giustamente precipitati con il rialzo globale dei tassi d’interesse nell’ultimo anno. Tuttavia, alcuni titoli di stato hanno retto meglio di altri. Uno di questi è il BTp 1 settembre 2049 con cedola lorda 3,85% (ISIN: IT0005363111).
Eravamo nei mesi delle forti tensioni politiche tra Roma e Bruxelles con il primo governo Conte. Movimento 5 Stelle e Lega sfidavano apertamente le politiche del rigore fiscale dell’Unione Europea, facendo tremare i mercati. I rendimenti dei nostri bond salirono alle stelle e così anche lo spread. In questo clima il Tesoro emise l’allora nuovo trentennale. La cedola per i tempi fu considerata alta, per quanto inevitabile. Solo che nei mesi immediatamente successivi il clima si rasserenò con le elezioni europee prima e la caduta del governo “giallo-rosso” in estate. Già a settembre, cioè a soli sette mesi e mezzo dall’emissione, il BTp 2049 saliva sopra la quotazione di 145. Il rendimento crollava sotto il 2%.
Chi aveva acquistato il titolo in fase di emissione o nelle settimane successive, ebbe modo di rivenderlo con enorme profitto dopo pochi mesi. Anche il BTp 2049 ha risentito del rialzo dei rendimenti. Oggi, presenta una quotazione sul mercato secondario di poco superiore agli 89 centesimi. Per quanto in picchiata dai massimi, perde “solamente” il 10% circa dall’emissione. Pensate, invece, che il BTp 2052 vale appena 62 centesimi oggigiorno, perdendo oltre un terzo del suo valore dal debutto di appena 15 mesi fa.
Cedole BTp 2049 battono inflazione
Ma il BTp 2049 sarà stato almeno in grado di proteggere il capitale dell’obbligazionista dall’inflazione alta di questa fase? Emesso nel febbraio del 2019, la data di godimento fu fissata retroattivamente all’1 settembre 2018. Significa che frutta interessi a partire da quel giorno, pur con un possesso effettivo di almeno 5 mesi in meno. Ebbene, dall’emissione ha staccato cedole nette per circa il 15,2% del prezzo di acquisto. Dall’ultimo pagamento di marzo, poi, ha maturato un rateo attivo per l’obbligazionista pari allo 0,46%. Questo sarà incassato oggi solo nel caso di rivendita del bond, altrimenti continuerà a salire fino al pagamento dell’1 settembre prossimo. In totale, quindi, le cedole ammontano ad oggi al 15,68%.
E l’inflazione? Dal febbraio del 2019 fino al 31 marzo scorso, è stata in Italia pari al 15,35% cumulato. Leggermente sotto il valore netto delle cedole maturate. Certo, c’è da dire che se oggi decidessimo di rivendere il BTp 2049, subiremmo una perdita lorda intorno al 10% per la quotazione sotto la pari. Ed essa più che dimezzerebbe i guadagni sin qui maturati con le cedole. Tuttavia, mantenendo il bond in portafoglio possiamo affermare che sin qui esso avrebbe grosso modo protetto il capitale dall’erosione dell’inflazione. E se l’indice dei prezzi restasse sostanzialmente invariato nei prossimi mesi, considerato che continueremmo ad incassare le cedole, il titolo diventerebbe ancora più appetibile, specie nell’ottica di una sua risalita di prezzo nel medio-lungo termine.