Quando nell’ottobre 2016 il Tesoro emise il BTp 2067 (ISIN: IT0005217390), offrendo al mercato una cedola di appena il 2,80% ed esitando un rendimento del 2,85%, la reazione più spontanea di analisti e parte del mercato stesso fu un’alzata di spallucce. Quello era il periodo più favorevole per il comparto obbligazionario, che segnava record positivi superati solo questa estate. Tuttavia, la sensazione comune era che si fosse arrivati al limite e che i tassi sarebbero risaliti nei mesi e anni seguenti. E il bond “Matusalemme”, così ribattezzato per la sua longevità, si presentava poco generoso e oggetto di massicce vendite con il ritorno ai rendimenti “normali”.
Rispetto ad allora, ad essere cambiato è il “mood” tra gli operatori, sempre più convinti che la tanto attesa e temuta “normalizzazione” monetaria, ergo dei tassi, non solo sarà molto graduale in Europa e Giappone, ma forse non ci riporterà più alle condizioni pre-crisi, anche perché l’abbondanza dei capitali nel mondo tenderà ad aumentare con l’ingresso dei mercati emergenti nell’area del benessere. Tassi bassi a lungo, insomma, forse per parecchi decenni.
BTp 2067, quali sarebbero i prezzi futuri agli attuali rendimenti?
Diamoci appuntamento tra 20, 30 o 40 anni per fare il punto e capire chi abbia oggi ragione. Semplicemente, teniamo a far notare che se le previsioni degli “ottimisti” si rivelassero azzeccate, il BTp 2067 si sarà confermato un bell’affare per quanti lo abbiano acquistato in questi anni, persino chi lo facesse oggi ai prezzi prossimi ai record di inizio settembre. Al momento, quota in area 120, per cui sborseremmo 120.000 euro per acquistare titoli pari a un controvalore nominale alla scadenza di 100.000 euro. Al contempo, godremmo di una cedola del 2,80%, che rapportata al valore dell’investimento equivarrebbe a un interesse annuo lordo del 2,33%. Al netto dell’imposta del 12,50%, farebbe comunque il 2,04%.
Rendimento del BTp 2067 a curva dei rendimenti invariata
Oggi come oggi non esiste bond che offra così tanto, nemmeno sulle lunghissime scadenze, a fronte di un rischio di credito sostanzialmente nullo.
E se la quotazione reggesse per 20 anni, il rendimento del BTp 2067 nel 2039 scenderebbe ancora all’1,70%, quanto attualmente la scadenza dei 25 anni, che sarebbe grosso modo quella del bond. E tra 30 anni? Rendimento sopra l’1,30%, anche in questo caso perfettamente compatibile con il quindicinale odierno. Addirittura, anche tra 35 anni, sempre immaginando una curva dei tassi uguale a quella di oggi, il prezzo di 120 per il BTp 2067 si mostrerebbe compatibile con i livelli di rendimento attesi per un titolo con vita residua pari a 12,5 anni, ossia all’1%. Oltre, la quotazione dovrebbe arretrare, risultando eccessiva per i livelli di rendimento attuali, per cui sarebbe preferibile vendere.
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Cosa vogliamo dire con tutto ciò? Se l’ipotesi forte di cui sopra fosse esatta, avremmo modo di incassare una cedola annua netta di oltre il 2% fino ai prossimi 35 anni senza perdere un solo euro del capitale investito. Se, invece, la curva delle scadenze dovesse risalire nei prossimi anni, le perdite sarebbero potenzialmente alte, data l’elevata duration del titolo. In realtà, potrebbe anche accadere che le quotazioni prima ripieghino per il rialzo dei tassi e successivamente tornino a salire per un’eventuale nuova fase monetaria accomodante.