Il nuovo BTp a 50 anni, quello con scadenza 1 marzo 2072 e cedola 2,15% (ISIN: IT0005441883), ha debuttato sul Mercato obbligazionario di Borsa Italiana meno di un mese fa. Era il 12 aprile e il titolo chiudeva la sua prima seduta a una quotazione sostanzialmente alla pari (100,04). Pertanto, allora il suo rendimento lordo coincideva con il tasso d’interesse offerto. A distanza di così breve tempo, lo scenario è di molto mutato. La quotazione di venerdì scorso risultava crollata a 94,75 centesimi, segnando un calo del 5,30%.
Il tonfo del BTp 2072 ha a che fare con il drastico rialzo dei rendimenti nell’Eurozona, accentuato al sud. Lo spread a 10 anni è salito fino a ridosso dei 120 punti base, sempre venerdì scorso. E’ accaduto, infatti, che il mercato stia iniziando a scontare con sempre maggiore convinzione l’uscita graduale della BCE dall’accomodamento monetario estremo di quest’ultimo anno. In tal senso vanno tutte le dichiarazioni e i comunicati ufficiali delle altre principali banche centrali (vedi Banca d’Inghilterra), così come di alcuni membri della stessa Francoforte.
BTp 2072 e fattore PEPP
Il governatore lettone Martins Kazaks ha fatto presente che gli acquisti di bond con il PEPP potrebbero essere rallentati già al board di giugno. Motivo? L’inflazione lievita sempre più in prossimità del target. In Germania, in aprile è salita al 2%. La caduta del BTp 2072 risente, quindi, del cosiddetto “reflation trade”. In sostanza, il mercato si riposiziona per scontare inflazione e rendimenti nominali più alti. A ciò si aggiunge l’aumento del rischio sovrano percepito. Il costo dei “credit default swaps” a 5 anni è salito a 84 punti base, dato massimo da inizio febbraio, cioè prima che nascesse ufficialmente il governo Draghi.
Questo, perché minori acquisti di bond da parte della BCE sono considerati un rischio per la sostenibilità dei debiti sovrani più problematici, italiano in testa.